I Salesiani Milanesi/ Il carcere che diventò una scuola
29 Settembre 2015 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Bianca, Cronaca, Monografie, Religione, Scuola, Sociale |
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Nel bicentenario della nascita di Don Bosco (16 agosto 1815) e nel 60esimo dell’arrivo dei Salesiani ad Arese (29 settembre 1955), flashback di una monografia pubblicata sul quotidiano “La Prealpina” del 5 ottobre 2002 – pagina 11
Nel cuore della cittadina il complesso si estende su 94mila metri quadrati. Il nucleo originario è l’antica villa dell’Amica risanata. Nel centro intitolato a San Domenico Savio oggi 360 ragazzi imparano un mestiere
MILANO – Da carcere minorile a centro di formazione professionale e umana. Questa la parabola virtuosa dell’antica villa che dal 1955 ospita il Centro Salesiano intitolato a San Domenico Savio.
Lo si trova nel centro storico di Arese: un complesso che si estende per 94mila metri quadrati e comprende sette comunità alloggio interne, la scuola media statale sperimentale, il Cfp (Centro formazione professionale), l’Ipia (Istituto professionale industria e artigianato), una piscina, campi da calcio e da tennis, palestre e una pineta.
La parte più antica è la villa della contessa Antonietta Fagnani (la signora per la quale Ugo Foscolo compose nel 1802 l’ode All’Amica risanata) e il caseggiato delle ex stalle, adibito da inizio secolo fino alla metà degli anni Cinquanta a riformatorio dove il Tribunale per i Minori di Milano mandava i giovani in difficoltà, più noti come “barabitt”.
Don Nunzio Casati, già catechista ed educatore del Centro tra il ’79 e l’87 è da due mesi il nuovo direttore . Don Nunzio apre un vecchio registro del ’46 e legge: “Tentativo di fuga. Mettere a pane e acqua per quindici giorni”. Le fotografie d’epoca mostrano celle con muri scrostati, sbarre alle finestre con i vetri rotti, pagliericci per letto e porte con il catenaccio esterno. Detenuti: bambini dai 9 anni fino a giovani di 21 anni. Il bianco e nero delle immagini rende bene lo squallore dell’ambiente di quegli anni. Al loro arrivo nel ’55 i Salesiani trovano una situazione deplorevole. Il miracolo di una trasformazione lo compie don Francesco Beniamino Della Torre, l’uomo che nel 1944-45 organizzava nella Casa salesiana di via Copernico a Milano, a 50 metri dall’Hotel Gallia, allora commando militare tedesco, gli incontri del Comitato nazionale di Liberazione. Mentre i tedeschi facevano esercitazioni in cortile, Don Della Torre ospitava nella sala verde della Casa Pertini, Longo, Parri e Marazza.
“La prima cosa che fece al suo arrivo – racconta Don Casati – fu quella di radunare i ragazzi in cortile e di buttare la chiave delle celle nel tombino”. Con una lunga esperienza di educazione cristiana della gioventù povera alle spalle, i Salesiani tentavano ad Arese la via del recupero dei cosiddetti “ragazzi difficili”. Un successo, tanto che una ricerca condotta negli anni Ottanta sul periodo 1955-75 indicava che oltre l’80% dei ragazzi veniva reinserito nella società. “Dopo – spiega don Casati – non c’è più stato lo stesso livello. I motivi sono due. Primo la droga, che invade qualsiasi campo. Secondo la maggiore età a 18 anni, quando il ragazzo non è ancora stabile. Inoltre i ragazzi sono psicologicamente molto più fragili di un tempo”.
Oggi il Centro Salesiano di Arese è una grande realtà educativa che con le scuole professionali si è aperto anche agli studenti esterni al territorio circostante, formando attrezzisti, motoristi, elettricisti, mobilieri, florovivaisti, informatici e grafici. Dove si tengono corsi di inglese e di italiano per stranieri.
Su 360 ragazzi, solo 60 sono quelli che, segnalati dai servizi sociali, vivono all’interno del Centro tutta la settimana e vanno a casa il sabato e la domenica.
“Il Centro di Arese – tiene a precisare Don Casati – da luogo di repressione, chiuso, dove non entrava nessuno, con i salesiani è diventato un luogo aperto, dove i ragazzi con un certo tipo di problemi convivono con i ragazzi comuni andando a scuola, andando nei laboratori senza ghettizzazioni. Dove un ragazzo che si impegna trascina quello che ha meno voglia. Questa è la grande novità”. Nell’educazione dei ragazzi fondamentale è infatti la scuola che ad Arese, essendo di tipo professionale e quindi improntata sulla cultura d’uso, svolge una funzione trainante. “L’ulteriore passo – afferma don Casati – è quello di aprire il Centro ancora di più alla gente di Arese, affinché l’ambiente del territorio non sia separato da questa realtà. Questa è la grande sfida che vogliamo portare avanti”.
Ombretta T. Rinieri