Centro Giada/6 Conad, 31 dipendenti ad Arese e un gran timore che il centro commerciale possa fare danni
3 Aprile 2015 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Area Metropolitana, Aziende, Bianca, centro commerciale Arese, Commercio, Cronaca, Economia, ex Alfa Romeo, Imprenditoria, Inchieste, Lavoro, Locale, Nazionale, Politica, Sociale, Territorio |
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Il legale rappresentante: “Ci fanno paura i primi 3-4 mesi di apertura, poi la gente capirà la differenza..
ARESE – Il supermercato Conad al centro commerciale Giada è il supermercato degli aresini. Indubbiamente fra gli esercizi di Arese sarà quello che subirà i contraccolpi maggiori dall’arrivo dell’”Arese Shopping Center”. Ne parliamo con Stefano Balbo, 54 anni, legale rappresentante di Giada Market e membro del cda di Conad Centro Nord (278 negozi).
“Siamo molto preoccupati. Ogni albero fa la sua ombra. Più l’albero è grande. Più fa ombra. Ci toglierà sicuramente del fatturato. Non so dire se sarà tanto o poco. Sicuramente i primi tre-quattro mesi saranno devastanti. Poi speriamo ci si accorgi che per andare lì occorre una giornata intera, che se prendi il surgelato lo mangi lì, perché ora che arrivi a casa è sciolto e forse un po’ torneranno da noi. Chiaro è che noi non potremo competere con i loro prezzi”.
Il supermercato del Giada è presente in loco dagli anni 80. Aveva aperto i battenti con l’insegna Unisuper, poi nel ‘99 Conad lo rilevò. “Io e i miei quattro soci (Eleonora Seminaro, Aldo Franchi, Antonio Iula e Luca Di Domenico, ndr) – racconta Balbo – eravamo dipendenti di Unisuper. Conad ci fece la proposta di diventare imprenditori e noi accettammo. Siamo diventati Giada Market e gestiamo i punti vendita del marchio di Arese e Lainate”.
Conad significa ‘consorzio nazionale dettaglianti’. Giada Market è in pratica una sorta di franchising evoluto, nel senso che la società riconosce un affitto a Conad, ma ha i suoi spazi per muoversi. Quarantanove i dipendenti, di cui trentuno ad Arese. Tre dei cinque soci gravitano sulla struttura aresina. Due su quella lainatese.
Dal Conad di Arese passano più o meno tutti gli aresini e la clientela è piuttosto eterogenea. “L’unica cosa che cambia – spiega Balbo – è la fascia oraria. La persona giovane che va a lavorare la vedi di sera. Gli anziani soprattutto al mattino. Siamo comodi. Non siamo giganteschi. Siamo di prossimità. Non siamo quelli che parti il sabato e vai a fare il carellone. Siamo quelli che se hai bisogno una cosa al volo, in otto minuti entri, saluti Aldo mentre fai la spesa, chiacchieri con la cassiera, esci e hai risolto il problema. Diamo un servizio di qualità. Cosa manca sempre alle persone? Il tempo. Noi siamo performanti così”.
L’arrivo nell’ex Alfa Romeo del centro commerciale più grande d’Europa si innesta per Conad in un periodo già molto duro dovuto alla crisi economica. Il continuo proliferare di supermercati intorno non aiuta: “Prima c’era solo l’Esselunga di Garbagnate Milanese. Adesso nel giro di 300 metri ce n’è sono tre. Il paradosso è che sentiamo la crisi più ora che ci dicono che sta finendo di prima. Il nostro fatturato è passato da uno standard mensile di 200-220mila euro a 150-170mila euro. Per il negozio non viaggiano più i carrelli, ma i cestini. Dall’altra parte abbiamo parecchi costi fissi: energia, personale, manutenzioni, materiali di consumo, retail. Solo di spese condominiali abbiamo 30mila euro all’anno. L’affitto invece ci è calcolato in proporzione al fatturato”.
La gente risparmia. “Stiamo arrivando alla fine delle casse integrazioni – considera Balbo, che conosce i suoi clienti e ha un occhio sensibile sul sociale – e degli altri ammortizzatori sociali. Per me il mio cliente è una persona fisica che finché può contare su due anni di mobilità o di cassa può fronteggiare la crisi occupazionale. Ma se al termine del periodo non si è ancora ricollocato, comincia veramente a stringere su tutto. Anche sull’alimentare, che è il nostro settore. Inoltre noi siamo visti come una catena non economicissima”. Ma qui vengono i dirigenti, gli industriali. Ad Arese vi è un ceto medio alto, facciamo notare. “Sì ma non ci fai il business con cinque dirigenti e due industriali – dice Balbo – e la classe media è quella più colpita. La crisi del nostro settore, comunque, colpisce tutti, anche le grandi strutture. L’alimentare non è più il trend del centro commerciale. L’iper in sé è in crisi da 5-6 anni e viaggia con perdite da due cifre ogni anno”.
Perché allora aprire ad Arese un grande centro commerciale se il trend è negativo? “Posso pensare che questo centro commerciale sia partito quando Fiat ha acquisito l’Alfa Romeo, che si trovava con l’obiettivo di spostare la produzione tutta a Torino e aveva un’area di cui non sapeva cosa farsene e che allora siano iniziate le trattative con qualcuno che in una proiezione futura avesse dei progetti. In proiezione futura è stato pensato di opzionare il terreno. Credo che non siano meno di vent’anni che quel terreno sia opzionato”.
In effetti nel dicembre 2010 il padron di Finiper Brunelli dichiarò che erano 14 anni che aspettava la firma per il suo iper. Ormai è chiaro, con le varie strambe ipotesi di riconversione (interporto di Genova, stoccaggio merci per i cinesi di Paolo Sarpi eccetersa) sull’Alfa Romeo si è solo speculato e perso tempo. Ne conviene anche Balbo: “Erano tutti sistemi per mettere a reddito un’area che bisognava aspettare per sfruttare. Tra l’altro è stata l’ultima folata di Formigoni, a mezzanotte, con il decreto delle mille proroghe”.
Ombretta T. Rinieri
(Il Notiziario – 3 aprile 2014 – pag. 72)