Alfa Romeo, ecco la vera storia dimenticata
5 Settembre 2014 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Area Metropolitana, Aziende, ex Alfa Romeo, Personaggi |
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Mentre si smantellano i capannoni, dall’oblio della storia emerge la figura di Nicola Romeo
ARESE – Nel cuore della storia dell’Alfa Romeo. Così, mi sono ritrovata per caso il 15 agosto di quest’anno facendo una gita a Magreglio dove nel piccolo cimitero di questo paese della Valassina, noto ai più per il Santuario del Ghisallo e per il Museo del Ciclismo, riposa dal 1938 il fondatore del Biscione.
In una combinazione di eventi fortunati, sono venuta in contatto con la Famiglia di questo capitano d’industria di origine campana (era nato a Sant’Antimo il 28 aprile 1876) cui la casa automobilistica milanese deve i suoi natali, la quale, per onorare il 60esimo della ‘Giulietta Sprint’, ha organizzato per domenica 7 settembre, insieme al Classic Club Italia un motoraduno d’auto d’epoca. Novità, l’arrivo al Museo del Ciclismo dell’intera collezione di biciclette targate Alfa Romeo, in un binomio due-quattro ruote affatto inedito per i Romeo.
Nicola Romeo non era nato ricco. Figlio di un insegnante elementare e primo di altri sei fratelli ha conosciuto le difficoltà economiche di una famiglia numerosa. D’intelligenza brillante e volontà ferrea da giovane affronta il disagio degli spostamenti dal paesino alla città per diplomarsi e laurearsi poi in ingegneria civile in Italia e in ingegneria elettrotecnica a Liegi, In Belgio. Il suo primo lavoro è un impiego presso la filiale milanese della società inglese Blackwell, che produceva materiale per scavi e sondaggi geologici. Da lì a poco assume anche la rappresentanza americana della Ingersoll Rand, che fabbricava perforatrici per l’inglese Hadfield e per la Westinghouse.
Con i materiali importati, nel 1902, Romeo partecipa ai lavori elettrici della linea ferroviaria Roma-Tivoli, installa in Versilia impianti per estrarre e lavorare il marmo e ancora per le ferrovie applica l’aria compressa nelle gallerie Roma-Napoli e Bologna-Firenze.
Nel 1904, l’ingegnere napoletano fonda la Ing. Nicola Romeo & C. sas per la costruzione e il commercio di macchine per l’industria mineraria di scavo. Sono gli anni in cui la filiale dell’industria automobilistica francese Darracq si trasferisce da Napoli a Milano in cerca di un successo commerciale, che tuttavia non arriverà mai. Nel 1909 la Darracq finisce in liquidazione per essere acquisita nel 1910 da un gruppo di imprenditori milanesi che ne trasforma il nome in Alfa (Anonima lombarda fabbrica automobilistica). Per cinque anni l’azienda pare sul punto di decollare. Era nata la 24Hp, aveva cominciato a partecipare alle corse automobilistiche vincendo competizioni come la Targa Florio o la Parma – Poggio di Berceto. Ma la crisi economica e lo scoppio della prima guerra mondiale interrompe il trend favorevole.
E’ il 2 dicembre 1915 quando Nicola Romeo acquista l’Alfa del Portello, che diventerà Alfa Romeo & C. solo nel 1918. Fanno parte del cda della società oltre a Romeo, Filippo Bastianelli, Edoardo Fucito, e Angelo Pogliani. Sindaci sono Carlo Casati, Antonio Masetti e Giovanni Miragoli. Nel team operativo gli ingegneri Giorgio Rimini (direttore commerciale) e Angelo Gradi (direttore di officina), Michele Nicolais (capo del personale) e Giuseppe Merosi (capo ufficio tecnico).
Durante la guerra l’industria dell’auto sarà trasformata in industria per materiale bellico: al Portello, di fianco al capannone dove nascevano le auto, Romeo fa erigere tre officine e le chiama ‘Trento’, ‘Trieste’ e ‘Gorizia’ dove in breve tempo si progettano e si costruiscono gruppi elettrogeni e compressori. L’amico d’infanzia Edoardo Fucito, che sarà il suo braccio destro per tutta la vita, ottiene dagli Stati Uniti la licenza per costruire lanciafiamme, proiettili e spolette cui si aggiungeranno motocompressori, gruppi elettrogeni e motori per aereo. Il tutto nella fabbrica succursale milanese di via San Vittore – via Filangeri. E’ un periodo comunque molto difficile e a causa delle difficoltà, Nicola Romeo deve cedere delle azioni dell’azienda alla Banca Italiana di Sconto.
Alla fine del conflitto la produzione viene riconvertita in motori d’aereo, macchine agricole ed enologiche, ma la Bis ormai deteneva quasi tutto il pacchetto azionario dell’Alfa Romeo. Romeo torna a produrre anche auto e aggiunge pure la produzione delle vetture tramviarie. Da qui l’acquisto delle Costruzioni Meccaniche di Saronno dalla tedesca Maschinen Fabrik, delle Officine Tabanelli di Roma e delle Officine Ferroviarie Meridionali di Napoli. Dei tram, l’Alfa Romeo costruisce sia la parte meccanica che quella elettrica. Quando nel 1921 la Bis fallisce, Nicola Romeo ottiene dal direttore generale del Banco di Napoli Nicola Miraglia un prestito personale di 14 milioni per far fronte al quale impegnerà ogni suo avere. E questa è storia veramente poco nota. Romeo riuscirà a far fronte all’impegno nel giro di pochi anni.
Il rilancio della sezione automobilistica dell’Alfa Romeo riparte alla grande nel 1922 con il motore Rl a 6 cilindri di 2916 cc, talmente potente che il Biscione macinerà vittoria su vittoria alle corse. Romeo è particolarmente legato ai suoi piloti Antonio Ascari, Giuseppe Campari, Enzo Ferrari e Ugo Sivocci. Proprio Sivocci, alla vigilia del Gran Premio di Monza, morì nel ’23 al volante della PI. E Romeo, nonostante l’investimento di 5 milioni di lire per l’allestimento delle macchine, ritirò la squadra (Ascari e Campari) dalla competizione.
Neppure l’intervento di Benito Mussolini affinché corresse comunque la gara gli fece cambiare idea. E quello fu il primo motivo di frizione fra lui e il duce, che l’anno prima aveva conquistato il potere con la marcia su Roma.
Il 1923 è comunque l’anno della vera svolta della società, perché segna l’arrivo a Milano di Vittorio Jano che progetta la P2, velocissima e imbattibile macchina con cui l’Alfa Romeo vince il Gran Premio di Francia e il Gran Premio d’Italia a Monza. Il nome Alfa Romeo cresce ed è sempre più stimato e conosciuto. Nascono filiali in Inghilterra, Spagna e Germania. La società produce mille auto l’anno, ma la domanda è di almeno il doppio. Possederne una significa successo. Intanto l’autarchia di Mussolini, che proteggeva il mercato interno dall’invasione delle merci estere aveva preso piede, e il duce, notando che l’Alfa Romeo acquistava all’estero alcuni pezzi, richiamò con una lettera Nicola Romeo all’ordine. “Per produrre al meglio le auto – gli rispose Romeo – bisogna acquistare i materiali di prim’ordine là dove vengono costruiti e se in Italia non ci sono si comprano all’estero”.
Nel 1928 l’Alfa Romeo del Portello è nel suo maggior fulgore sul campo delle corse automobilistiche, che rilanciavano nel mondo il nome del marchio. Tuttavia le grandi Alfa devono lasciare il posto alle macchine più piccole e scattanti. Giuseppe Merosi, che dirigeva la progettazione delle auto da turismo, si ritira e Jano concentra nelle sue mani tutta la progettazione. Nasce la 1500 a 6 cilindri che vince la Mille Miglia. Dalla 1500 si passerà poi alla 1750.
Il 28 maggio 1928 Nicola Romeo, inaspettatamente, abbandona l’Alfa Romeo e con lui Michele Nicolais, Angelo Gradi ed Edoardo Fucito. Perché? Romeo si trincerò in un silenzio totale, ma la vicenda lo segnerà per sempre, anche fisicamente. Nel 1929 Mussolini lo nominerà senatore del Regno e il capitano d’industria si trasferirà da Milano a Roma. Cercherà, invano, di far capire in Senato l’importanza nazionale dell’industria aereonautica, all’epoca agli esordi in Italia. Ammalatosi, si ritirerà nella villa delle vacanze a Magreglio. Picccolo paese delle Vallassina che a Romeo deve molte opere, fra le più importanti l’acquedotto.
Ombretta T. Rinieri
“Il Notiziario” 5 settembre 2014
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