Cinquant’enni, troppo vecchi per lavorare.Troppo giovani per la pensione.
17 Giugno 2012 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Bianca, Cronaca, Lavoro |
Il dramma dei disoccupati e precari ultra cinquant’enni. La loro condizione é sottovalutata dalle forze politiche e dall’informazione. Sfruttate le loro competenze e professionalità per pochi euro con la scusa della crisi economica. Il gioco perverso degli ammortizzatori sociali a tutto vantaggio di imprenditori senza scrupoli.
RHO – “In sette anni nessun’azienda mi ha mai assunto persone che avessero più di 55 anni”. E’ l’esperienza quotidiana di Giusy Monetti, che al Centro per l’Impiego di Rho (23 comuni di pertinenza per oltre 600mila abitanti), diretto da Francesco Marchesi , si occupa di pre selezione del personale per le aziende che ne fanno richiesta. La crisi è arrivata pesante anche nel Nord-Ovest dell’hinterland di Milano, da sempre fra le aree piùi ndustrializzate del Paese. “La discesa è iniziata nel 2008 – racconta Monetti – lenta,molto graduale. E’ proseguita nel 2009 e 2010 ed è precipitata nel 2011.Facendo un paragone con il 2007, l’ultimo anno in salita, si è di fronte a un vero e proprio crollo del lavoro. Leggo fra i cento e i trecento curriculum al giorno ed è impressionante la quantità di aziende che ha chiuso, che si è trasferita o che si trova in difficoltà economiche. Ho addirittura società che erano clienti il cui ex proprietario si candida per un posto”.
Dietro i profili dei lavoratori si celano spesso veri e propri drammi sociali. Come quelli degli ultra cinquantenni licenziati o in mobilità. Troppo vecchi per lavorare. Troppo giovani per andare in pensione. “Non c’è la cultura italiana per cui la persona di sessant’anni ha un valore intrinseco – spiega Monetti – e con l’età pensionabile portata in avanti come faranno questi lavoratori a ricollocarsi? Forse andrebbe imposta una quota allungata,variabile a seconda del numero dei dipendenti, per cui come si ha l’obbligo di assumere una persona della categoria protetta si ha anche quello di assumere un over 55 piuttosto che un over 60”. Il problema maggiore è dato dall’uscita della mobilità, quell’ammortizzatore sociale rilasciato dalle grosse aziende.
“Il 60-70% delle attuali assunzioni – continua Giusy Monetti – è per profili in mobilità perché l’azienda paga contributi come per un apprendista ma ha in casa un professionista. Se l’azienda è onesta, dopo aver sfruttatola mobilità, il lavoratore viene assunto a tempo indeterminato. Ma succede dirado”. La mobilità dura tre anni fino a un massimo del doppio, quindi sei. Ma quando alla fine termina il lavoratore ormai over 58 è senza lavoro e senza pensione. L’altro problema grosso riguarda i disoccupati di lunga durata (oltre due anni) per i quali sarebbe previsto lo sgravio di tre anni di contributi. Ma solo se assunti a tempo indeterminato. “ Questa normativa andava benissimo fino a che non è arrivata la crisi con centinaia di migliaia di persone in mobilità –considerano insieme Marchesi e Monetti – per cui le aziende tra il primo e il secondo scelgono il secondo. A questo punto andrebbero riconosciuti anche ai disoccupati di lunga durata gli sgravi sul tempo determinato”.
Ombretta T. Rinieri