Arese cresciuta insieme all’Alfa Romeo
30 Novembre 2010 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Area Metropolitana, ex Alfa Romeo, Personaggi |
(Intervista all’ex sindaco di Arese Giancarlo Grandi)
ARESE – La presenza dell’Alfa Romeo fu una grande risorsa economica per Arese. Grandi lo ammette: “Quando arrivai sulla poltrona di sindaco, l’Alfa Romeo stava costruendo lo stabilimento. Io gli vincolai il proseguo dei lavori alla realizzazione del casello autostradale. C’era l’unica grossa strada asfaltata non frequentata che partiva dal centro di Arese per finire all’Alfa Romeo. Capiì l’inutilità di quella strada e la bloccai. Annullai completamente la possibilità di entrare nel paese per andare all’Alfa Romeo. La fabbrica non ci dette mai alcun fastidio. Poi bloccai la provinciale che passava per via Caduti e feci l’entrata in Arese dalla Varesina. Ogni volta che avevo un’idea chiamavo il presidente dell’Alfa Romeo, Luraghi, e facendo leva sul fatto che molti suoi dipendenti abitavano ad Arese, gli dicevo: “Senti presidente bisogna fare un altro asilo”. E lui: “Ooh basta, quanti asili dobbiamo fare? Va be’, fallo”.
Grandi demolì le scuole vecchie e al loro posto fece il municipio, con gli uffici e l’aula consiliare. Le scuole vennero rifatte nuove in via Col di Lana e a Valera. Quest’ultima, completa di piscina coperta. Nacque il poliambulatorio. I distretti socio sanitari non esistevano ancora. “Li ho anticipati – racconta Grandi – ero talmente pazzo d’aver comprato la macchina per fare i raggi x. Avevamo un solo medico del comune obbligatorio al quale feci l’ordinanza per gli orari affinché fosse abbastanza presente. Poi in collaborazione con il primario di Garbagnate, una volta alla settimana, arrivava un medico del Santa Corona su base volontaria”.
Arese fu il primo comune fuori di Milano ad avere un centro meccanografico e uno dei primi ad avere un ufficio di collocamento distaccato sul territorio. Prosegue Grandi: “Feci la caserma dei carabinieri e quando venne il generale Dalla Chiesa a inaugurarla si meravigliò della moquette nelle celle. “Colonnello – gli chiesi – quanti innocenti magari passano una notte dentro?”. C’erano le prostitute sulla Varesina. Usavano accendere i fuochi. Feci l’ordinanza per proibirli e loro se ne andarono”.
Grandi aveva una continua attenzione verso i suoi cittadini. “Le vecchie tradizioni bisogna rispettarle al cento per cento – afferma – E quali sono le vecchie tradizioni? Nascita e morte. Allora se c’era un nato, un matrimonio, un compleanno, un onomastico, arrivava sempre il bigliettino del sindaco a casa. Il morto deve avere qualcosa di bello. Una volta andai al cimitero e rimasti di sasso dallo schifo. Così lo rifeci completamente”.
Mas l’attenzione più grande fu verso i giovani. Si accorse che per loro non c’era nulla. “Girava roba poco simpatica – ricorda – Bisognava creare delle alternative. Feci la piscina che non costò nulla al comune. Era uscito il brevetto della Bibishel con le cupole. La Tennifer prima di prenderne la concessione chiese di farne una di prova al centro sportivo di Arese. Per non caricare l’amministrazione formai il Ccsa, che per molti anni funzionò bene. In palestra ho fatto le tribune. Così all’occorrenza diventava un teatro con varietà, spettacoli e musica”.
E vennero anche le case popolari. “Le feci realizzare, ma a una condizione – dice l’ex sindaco – che fossero solo per aresini. Fu l’unico caso in tutta Italia, perché normalmente il bando viene pubblicato su tutto il territorio nazionale. Bellissime, in centro e non in zone periferiche, con lo spazio verde e con tutti i servizi”.
“I telefoni dipendevano da Milano – continua Grandi – e questo ci creava difficoltà e costi. Così creai la centrale telefonica da 10mila numeri”. Il trasporto pubblico: “Il comune di Arese aveva 14 pullman – afferma Grandi – per i quali abbiamo fatto un piazzale apposta. IL trasporto gratuito da Arese all’ospedale Sacco. Ma mpoi ho trovato i pullman vuoti al capolinea di Milano e li ho sospesi. La gente non si abitua ad andare con i mezzi pubblici. Io non ho mai usato il trasporto pubblico in Italia, perché la macchina vuol dire prendere e andare e con il mio lavoro dovevo essere indipendente. Ma non accetto l’uso della macchina se uno deve andare in ufficio e tornare indietro”.
La casa di riposo Gallazzi – Vismara c’era già. “E’ l’unica cosa che non ho fatto io – dice il mitico sindaco di Arese – Però l’ho ampliata e modernizzata. Prima, per raggiungerla, bsisognava passare attraverso i campi. Logicamente come tutte le cose non deve essere abbandonata. Anche i miei successori hanno sempre fatto parecchio per la casa di riposo”.
Ombretta T. Rinieri
(parte inedita della lunga intervista all’ex sindaco Giancarlo Grandi pubblicata su: ‘La Prealpina’ del 26 aprile 2006