Ospedale convertito a Covid: parla il direttore Ramponi
13 Novembre 2020 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Allarmi, Cronaca, Inchieste, Nazionale, Politica, Sanitaria, sars-cov-2, sars-cov-2, Territorio |
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Intanto i sanitari sono stanchi e si affidano ai sindacati
GARBAGNATE – “Lo volete capire che siamo in guerra!”, è sbottato domenica scorsa in tv il vice ministro della salute Pierpaolo Sileri. Il nemico è invisibile è il Covid-19, la terra di conquista il corpo umano e i soldati in trincea, pochi, sono medici e infermieri. E se Sileri si è lasciato sfuggire un motto di rabbia per le polemiche sull’Italia divisa in zone rosse e gialle, dietro i triage dei pronto soccorso e nei reparti Covid degli ospedali i “soldati”, sotto assedio, combattono imbaccuccati dalla testa ai piedi per alleviare sofferenze e salvare vite umane. E sono stanchi. Più sale la curva del contagio, più sale in proporzione il numero di quel cinque per cento che si ammala e ha bisogno di cure. I “soldati” reclamano rinforzi e attenzioni.
L’attenzione è arrivata il 4 novembre dal presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana che ha scritto ai sanitari: “Mi rivolgo a Voi, la prima linea di questa battaglia: un nemico invisibile è tornato a condizionare le nostre vite a esercitare pressione sui nostri ospedali, sulle nostre strutture per anziani fragili, sulle scuole, sui luoghi di lavoro e di socialità. Regione Lombardia ha adottato misure restrittive della libertà di circolazione dei cittadini….Abbiamo insieme lavorato…nella consapevolezza che il peso maggiore grava ancora sulle Vostre spalle… Oggi dobbiamo lavorare insieme e rapidamente, per piegare la curva epidemiologica e più di ieri siamo nelle vostre mani per reagire con risolutezza….A Voi, cui noi tutti rimettiamo la difesa della Vita faccio appello per continuare questa lotta. Con lo stesso sentimento di stima e fiducia che il mondo intero ha avuto modo di riconoscervi nei primi mesi dell’anno, rinnovo il mio più profondo ringraziamento”.
Dura però la risposta dei sindacati. Il 5 novembre la Fp Cgil Milano comparto sanità. “Quanto ben poco è stato fatto – ha scritto – a partire da nuove assunzioni e potenziamento dei servizi territoriali per supportare in modo concreto l’impegno, la fatica, i rischi di questi lavoratori…..comprensibilmente arrabbiati e sempre più demotivati, per quanto ligi – loro sì – a senso di responsabilità e dovere”.
Le prese di posizione sindacali non mancano nemmeno sul nostro territorio. Il 10 novembre il Nursind ha scritto all’Asst Rhodense per segnalare l’insostenibilità del pronto soccorso di Rho. “I 7 infermieri e i 2 operatori di supporto per ogni turno – scrive il segretario di Milano Donato Cosi – risultano essere insufficienti a sopperire, nel rispetto dei criteri minimi di sicurezza, ai bisogni assistenziali dei pazienti presenti che, talvolta, risultano essere anche 60 contemporaneamente. All’esiguità del personale, si aggiungono tutte le carenze tecniche e strutturali, come la mancanza di barelle, di postazioni per accogliere pazienti nel rispetto della privacy, una rete di ossigeno inefficiente a fare fronte alla situazione che comporta l’utilizzo di bombole che vengono posizionate nei corridoi con tutto il rischio che ne deriva. Risulta evidente che si sta lavorando in situazioni di sicurezza precaria per operatori e pazienti, dove il rischio di errore è altissimo e anche l’incolumità di operatori e pazienti. Pertanto chiediamo che vengano adottate da codesta amministrazione, tutte le misure ordinarie e straordinarie atte a permettere agli operatori di fornire una adeguata assistenza che rispetti i criteri di sicurezza. Diversamente il Nursind ricorrerà agli organi competenti per tutelare la professionalità e la dignità degli infermieri e di tutto il personale sanitario”.
Va sottolineato, tuttavia, come negli stessi giorni i pronto soccorso di Rho e Garbagnate cominciavano a registrare una diminuzione del numero degli stazionamenti dei pazienti. Segno che le misure adottate a ottobre dall’Asst Rhodense per far fronte alla seconda ondata della pandemia cominciavano a sortire qualche effetto.
“Riorganizzare completamente un ospedale – ci ha spiegato il direttore generale Ida Ramponi – non è una cosa che si possa fare in mezza giornata. Garbagnate è ridiventato ospedale Covid come dall’inizio di marzo. Per fare questo abbiamo dovuto dimettere i pazienti non Covid che erano ricoverati, sospendere l’attività chirurgica e quasi annullare quella ambulatoriale. Siamo arrivati così a poter ricoverare circa trecento pazienti e a recuperare del personale. A Rho rimangono le emergenze non Covid. Lì abbiamo mantenuto l’ospedale pulito. Se un paziente arriva al ps di Rho con sintomi Covid, chiaramente viene visitato, ma in caso di ricovero lo si trasferisce a Garbagnate”.
Dei suoi sanitari Ramponi dice: “Il nostro personale, partendo dagli oss ai primari, ai medici e agli infermieri è molto professionale, molto umano e non si risparmia mai. E’ quello che ci ha consentito a marzo a far fronte alle difficoltà. Di fronte a questa nuova difficoltà e al fatto che c’è qualche operatore in più magari in isolamento per aver contratto il virus, giustamente accusa della stanchezza in più”.
Sulle critiche del sindacato verso Regione Lombardia, il direttore generale è netto: “Regione Lombardia si è trovata di fronte a qualcosa di abnorme e lo ha gestito nel miglior modo possibile”.
Ombretta T. Rinieri
articolo pubblicato “Il Notiziario” il 13 novembre 2020 a pag. 60