Intenso evento a Rho per celebrare il “Giorno del Ricordo”
11 Febbraio 2025 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Associazioni, Aziende, Bianca, Cronaca, Cultura, Eventi, Impegno civile, Imprenditoria, Locale, Nazionale, Personaggi, Politica |
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GIORNO DEL RICORDO – Commossa memoria delle vittime delle foibe e degli esuli giuliano-dalmati al Teatro Civico di Rho. Struggente lo spettacolo “Il sentiero del padre” di e con Davide Giandrini
RHO – Diana Bracco, l’imprenditrice del gruppo leader della diagnostica per immagini, è stata fra i protagonisti ieri al Teatro Civico Da Silva dell’evento volto a ricordare le vittime delle foibe e degli esuli giuliano-dalmati all’interno dei ‘Percorsi della Memoria‘ sostenuti dal vicesindaco di Rho, Maria Rita Vergani .
Accolta al Teatro dal presidente Fiorenzo Grassi e dal Sindaco Andrea Orlandi, Diana Bracco, ha affidato a un video il ricordo del nonno Elio, fervente irredentista, nativo dell’isola di Lussino, e fondatore a Milano nel 1927 del Gruppo Bracco, e del padre Fulvio che si prodigò per gli esuli istriani del campo profughi di Villa Reale di Monza.
“Papà è nato il 15 novembre 1909. La nostra famiglia, fortemente irredentista, fu condannata a non mettere più piede su quelle terre, Istria, Fiume e Dalmazia, andate nelle mani di Tito – ha raccontato nel video Diana Bracco – Papà è tornato a Neresine nel 1970, ritrovò i profumi e i colori che aveva abbandonato da ragazzino. L’Istria è selvaggia e battuta dal vento, ha rocce dure e aspre, ma vere. Ha dato una impronta di fermezza e di rigore anche a lui. Gli ha forgiato il carattere e donato le caratteristiche tipiche della generazione di pionieri dell’industria italiana, all’origine di grandi famiglie che hanno nomi prestigiosi. Giustamente Fulvio Bracco è entrato in questo empireo. Ha poi sposato Anita Coppini, una donna molto in gamba, basti pensare che è stata una delle prime laureate in chimica e farmacia a Pavia”.
Fulvio Bracco era appassionato di canotaggio e di musica. “ La musica è una delle forze della natura che unisce e non divide mai – ha continuato nel racconto Diana Bracco – La Scala esercitava un fascino enorme, era punto fermo a Milano: lui riuscì ad avere un invito dal dottor Calvi, che lo invitò sempre e gli lasciò il palco. Da lì la nostra passione, che porta sempre me alla Scala e mia sorella all’Accademia Santa Cecilia a Roma. Abbiamo finanziato molti progetti per la Scala: era il modo di papà per restituire quel che Milano gli aveva dato. Tutto questo era veramente importante ma la cosa che lo rese veramente felice fu essere nominato nel 1963 Cavaliere del Lavoro”.
La serata, presentata dalla giornalista Paola Cupetti, responsabile dell’Ufficio Cerimoniale del Comune di Rho, è proseguita con l’intervista di Giorgio Almasio, responsabile relazioni esterne del Teatro, ad Abdon Pamich, esule fiumano e marciatore olimpico, vincitore di numerose medaglie. Oggi 92enne, Pamich ha anche ricordato la vittoria di una venti chilometri corsa a Rho negli anni 60 tra la folla che sosteneva gli atleti. Il 10 febbraio 1947, giorno in cui fu firmato il trattato di Parigi, che assegnava alla Jugoslavia l’Istria, il Quarnaro, la città di Zara con la sua provincia e la maggior parte della Venezia Giulia, in precedenza facenti parte dell’Italia, Pamich era a Fiume.
“Vivevo lì con la mia famiglia, papà già non c’era più, – ha raccontato – prima Fiume era una città allegra, i caffè erano pieni di gente che discuteva di arte, musica, politica. Il 3 maggio 1945 è diventata una città di morti. Il giorno dopo iniziarono a sparire le persone, venivano prelevate di notte dalla famosa polizia segreta jugoslava, l’Osna, e poi sparivano. Non ci si poteva fidare di nessuno. C’era sempre un delatore che poteva metterti nei guai. L’atmosfera era irrespirabile. Ci hanno messi nelle condizioni di fuggire. Bisognava avere una sola lingua, un solo pensiero. Mamma ha atteso che fossero aperte le opzioni e siamo partiti regolarmente. Io e mio fratello, a 13-14 anni abbiamo vissuto diverse peripezie. Da Fiume a Trieste abbiamo impiegato più di venti ore. A Trieste ci hanno rifocillato. Poi abbiamo vissuto in campi profughi, prima a Udine, poi un anno a Novara dove finalmente ci hanno dato dei vestiti perché eravamo partiti con maglietta e calzoncini corti, senza nulla per non dare nell’occhio. In tasca pochi spiccioli per arrivare alla frontiera. Dopo un anno la nostra famiglia si è riunita nei pressi di Genova. Eravamo visti con diffidenza. Molti pensavano che avessimo lasciato terre credute un paradiso terrestre”.
Poi l’avvio della carriera sportiva: “Una cosa è la vita, una lo sport. Io sono nato in mezzo agli sportivi, avevo cinque anni quando maturai l’idea di fare sport. Quanto ho passato è stata una scuola di vita che rimane tuttora”.
Toccato il tema di Rho Città olimpica per Milano-Cortina 2026: “Partecipare alle Olimpiadi è il massimo cui possa aspirare un atleta, già solo esserci è un merito. Ai giovani consiglio di restare sereni, di guardare allo sport come divertimento”.
Infine la serata è stata dedicata al racconto “Il sentiero del padre – Viaggio tra i segreti delle foibe carsiche” affidato alla voce dal palco di Davide Giandrini. Il testo narra la fuga da Pola verso la salvezza di Francesco, un bambino di nove, e di suo padre Gianni. Il piccolo Francesco coglie nei genitori un’ansia crescente, quando viene data loro una bandiera jugoslava da esporre e quando origlia le riunioni con altri amici di famiglia, a voce bassa, la sera. La situazione precipita quando il padre viene picchiato selvaggiamente nel suo negozio di ciabattino. La mamma italiana, Maria, non accetta di lasciare la casa. Gianni prende per mano Francesco e affronta notti di cammino nei boschi verso la salvezza, che prende la forma di una barca sul mare. Il racconto termina dicendo “Nulla è stato fatto per le vittime delle foibe. Nulla per i 350mila esuli. Nulla per Maria, Gianni, Francesco”.
“Dopo queste emozioni, penso che se leggessimo la storia con gli occhi dei bambini che ne sono protagonisti – ha detto il sindaco Andrea Orlandi – e se mettessimo in capo a loro il vero potere per decidere, forse tante violenze e tanti conflitti ci sarebbero risparmiati. Purtroppo storie come quella appena ascoltata si ripetono ancora oggi in tante parti del mondo. Il ricordo ci deve servire per creare memoria collettiva e condivisa su alcuni passaggi della storia e deve diventare impegno e responsabilità affinché questo non accada più. E’ compito di ciascuno, nel proprio ruolo”.
A conclusione della serata, Orlandi ha ringraziato i protagonisti dell’evento. Il Teatro Civico Roberto de Silva e l’Associazione Nazionale Venezia, Giulia e Dalmazia rappresentati a Rho da Anna Maria Crasti, vicepresidente del Comitato provinciale di Milano.
O.T.R.