Don Jean-Claude Ngoy, un anno da Parroco di Arese
12 Luglio 2024 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Ambiente, Bianca, Cancerogeni, Cronaca, Ecologia, Economia, Globalizzazione, Religione, Sociale, Territorio |
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INTERVISTA – Originario del Congo, la vita, la formazione, l’esperienza, il racconto della sofferenza…Per settembre annunciati cambiamenti in parrocchia
ARESE – Il 15 maggio ha compiuto ad Arese sessant’anni. Il 29 giugno è stata la sua prima Festa Patronale dei ss Pietro e Paolo celebrata e con il vescovo Luca Raimondi. Il 10 agosto festeggerà il suo primo anniversario da parroco della comunità cristiana di Arese, ma anche il suo primo anno da parroco in Italia.
Don Jean-Claude Ngoy è nato in Congo, ex colonia belga, e per la precisione nella regione meridionale del Katanga, ricchissima di minerali, sfruttata dalle multinazionali. A farne le spese oggi in quella regione, grazie alla cosiddetta rivoluzione verde, migliaia di bambini mandati nelle miniere a estrarre il cobalto, il componente principe delle batterie di cellulari, device e auto elettriche. Lavorano per pochi soldi. Si ammalano e spesso non risalgono neppure in superficie.
Inevitabile parlare con don Ngoy oltre che della sua vita religiosa anche della situazione sociale del suo Paese d’origine. “Io sono nato proprio in quella regione – racconta – dove si trovano tanti minerali. Il Katanga è il polmone del Congo ed lì che mi sono formato come salesiano”.
Ultimo di sette figli (quattro maschi e tre femmine), Jean-Claude non ha conosciuto il papà, venuto a mancare quand’egli aveva solo un anno. Il papà mandava avanti la famiglia facendo il cacciatore. La mamma (scomparsa nel ’92) lavorava nell’agricoltura. Una famiglia di ceto medio e profondamente cristiana cattolica. Come del resto l’ottanta per cento della popolazione congolese.
“Tutti i miei fratelli e sorelle – prosegue don Ngoy – sono stati battezzati e sposati in chiesa. Fin da piccolo ho frequentato a Lubumbashi la chiesa “Yesu Mwana wa Mtu” (Gesù Fanciullo), che era una parrocchia diocesana dove però i salesiani venivano ogni sabato e domenica per l’apostolato. Io in parrocchia ero la guida del coro ed è lì che li ho incontrati per la prima volta. Quando ho finito le scuole pubbliche e ho preso il diploma sono entrato in noviziato. Il 12 luglio 1997 sono diventato sacerdote e nello stesso anno sono diventato economo della Casa di formazione dei chierici. Due anni dopo, nel 1999, sono stato mandato a Roma a studiare filosofia e teologia presso l’Università salesiana. Quando ho finito, sono tornato in Congo dove e per quattro anni ho lavorato come professore insegnando italiano, spiritualità, teologia eccetera. In seguito in Italia sono tornato per un corso di formatore che mi è servito per insegnare in Congo ai chierici che vogliono diventare salesiani. Dopo due anni di questo servizio mi hanno fatto vicario dell’ispettore e dopo sei anni, ispettore in Congo, ruolo che ho svolto dal 2011 al 2017”.
Come vicario prima e ispettore poi, don Ngoy ha viaggiato per tutto il Paese incontrando le autorità civili e religiose e toccando con mano le condizioni della popolazione, soprattutto dei giovani.
Perché il Congo dopo tanti anni dal colonialismo, i minerali di cui è ricco e una coscienza cristiana non riesce a svilupparsi?
“Questa è una bellissima domanda, – risponde il parroco di Arese – perché il Congo oggi è uno scandalo geologico. Tutti sono presenti per sfruttare i minerali. Le famiglie non hanno la possibilità di far studiare i bambini e allora i bambini sono forzati ad andare in queste miniere. Coloro che approfittano di tutte queste ricchezze sono pochi e il potere diventa un’occasione per arricchirsi. Tutti vanno in miniera che per poco che sia, rende più che coltivare la terra. Ma le zone dei minerali sono occupate da gruppi armati dalle potenze straniere e il governo non li contrasta. Meno male che c’è la Chiesa che difende i diritti della popolazione. Ecco perché lo Stato è sempre in guerra contro la Chiesa”.
Sul neo colonialismo economico, don Ngoy racconta l’approccio che i cinesi stanno tenendo in Congo rispetto agli altri stranieri. “I cinesi – spiega don Ngoy – sfruttano le miniere ma sviluppano le città. Realizzano strade, ponti, pozzi, stadi. Urbanizzano”.
Ossia quello che hanno sempre fatto i missionari. “Ma i missionari non sono più tanti – dice don Ngoy – sono invecchiati, sono morti o sono tornati in Europa. Ora è l’Africa che sta crescendo con le vocazioni. Siamo però all’inizio di questa evangelizzazione. Significa che in Congo ci sono dei pastori che vengono anche uccisi. Quindi è un cammino che si sta facendo. Anche fra i politici ci sono stati patrioti uccisi perché volevano il bene della gente. E’ per questo che io sono per la speranza”.
Nel 2017 don Ngoy è stato chiamato di nuovo a Roma dove ha svolto per sei anni il ruolo di direttore della Casa Generalizia Salesiana, ossia la sede centrale del rettore maggiore nel mondo di tutti i salesiani. Dal 2023 è parroco di Arese. Il suo è stato un anno di ascolto e conoscenza.
“Ho ho trovato veramente una comunità accogliente – racconta – anche se non da parte di tutti e questo è normale dappertutto, essendo straniero, ma sempre una grande generosità da parte dei cristiani. Il primo anno ho detto a tutti: <Non cambio nulla. Sto imparando, ascoltando e vedendo. Ma con il rinnovo del Consiglio pastorale che c’è stato, da settembre ci saranno dei cambiamenti nel rispetto delle persone, della tradizione, delle realtà che conosciamo. Cammineremo insieme per cambiare come la Chiesa ci chiede di fare con questo cammino sinodale”.
Ombretta T. Rinieri
Articolo pubblicato su “Il Notiziario” del 12 luglio 2024 a pag. 51