Festa Patronale ss Pietro e Paolo. Bruciato in chiesa dal vescovo Raimondi il tradizionale pallone
5 Luglio 2024 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Bianca, Cronaca, Cultura, Cultura Locale, Eventi, Religione, Sociale |
Commenti disabilitati
|
a ricordo dei due martiri
ARESE – La ‘Festa Patronale’ dei ss Pietro e Paolo ha avuto quest’anno il suo momento più alto proprio nella “Messa Granda Cantada” con la partecipazione del vescovo Luca Raimondi, dei sacerdoti al completo del Centro Salesiano e della Parrocchia, delle autorità civili e militari, con il rito del pallone incendiato e con la ‘star’ della serata del decano anziano e amatissimo sacerdote di Arese don Lino Marchesi, che negli ultimi quindici giorni di giugno ha tenuto tutta la comunità cristiana con il fiato sospeso per un suo improvviso ricovero al nuovo ospedale Galleazzi di Rho.
Il direttore del Centro Salesiano don Davide Perego ha aperto le celebrazioni salutando il vescovo e le autorità presenti ricordando anche come la presenza da circa un anno del parroco congolese Jean-Claude Ngoy abbia fatto sperimentare ad Arese “la bellezza di una Chiesa senza confini”.
Monsignor Raimondi ha per carattere una verve tutt’altro che noiosa e ciò gli ha consentito di tenere con il suo modo di fare decisamente alta l’attenzione di tutti i fedeli presenti in chiesa.
“Il 28 giugno di quattro anni fa – ha detto aprendo preliminarmente all’omelia – sono stato ordinato vescovo. Mio papà mi ha detto: <Ma non festeggi?>. Gli ho risposto: “Festeggio domani. Adesso vado ad Arese”. L’umiltà come valore fondamentale è stata poi il centro della sua predica a commento del passo del Vangelo di Matteo 16,18-19: “…tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell’Ades non la potranno vincere. Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che legherai in terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto nei cieli”.
“Abbiano tutti da imparare l’umiltà, ma tanto ma tanto – ha detto – per spiegare come Pietro, messo alla prova per tre volte da Gesù che poi per tre volte ha rinnegato, abbia lui stesso raccontato al mondo la sua caduta. “Chi c’era quando Pietro per tre volte ha rinnegato Gesù? – ha detto – Nessuno, c’era solo lui. E lui non è venuto a raccontarci, io bello, io forte, io puro. E quando uno ha il coraggio di raccontare il suo fallimento io ci credo. Gesù ha scelto Pietro come pietra della sua Chiesa come a dirci: <Guardate che se ho salvato lui, salvo anche voi>. Quello più coraggioso non è quello che non sbaglia mai, ma è quello che ha il coraggio di chiedere scusa”.
L’apostolo Paolo era un centurione “E parla di un misterioso dolore – ha detto Raimondi – di una spina nel fianco, affinché io non monti in superbia. E qui torna la legge dell’umiltà. Nessuna virtù è più grande dell’umiltà. Come Cristo umiliò se stesso facendosi ubbidiente, Paolo dice: <Questa spina, perché io non monti in superbia>.
Gran parte ha avuto nella celebrazione, il coro di cantori dei ‘sanpietrini” di bimbi e giovinetti diretti da Marco Sozzi, che tutte le domeniche mattine accompagna la messa. Con essi anche piccoli musicisti. Così tanto apprezzato dal vescovo, che al termine delle cerimonie ha voluto essere fotografato con essi.
La tradizione della Festa Patronale è stata evocata da Marina Airoldi che ha letto in chiesa un lungo intervento in dialetto milanese e che insieme ai bambini ha confezionato a casa sua nei giorni precedenti la Festa il pallone bruciato in chiesa a significare le fiamme della forza della fede che ha animato i due martiri Pietro e Paolo. “Anche quest’anno i bambini mi hanno aiutata a fare il pallone – ha detto Marina – ed è stato per me un pomeriggio meraviglioso. Grazie di cuore perché così la tradizione va avanti”.
La tradizione vuole che il pallone venisse bruciato durante la fesa dei Patroni per ringraziare del raccolto andato bene. E quando andava male? Si bruciava ugualmente e si pregava con più intensità.
Ombretta T. Rinieri
Articolo pubblicato su “Il Notiziario” del 5 luglio 2024 a pag. 51