L’Auto elettrica? All’Alfa realizzati negli anni 80 i primi prototipi
22 Marzo 2024 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Aziende, Cultura, ex Alfa Romeo, Tecnologia |
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Il racconto di Siro Palestra, una vita nella progettazione dentro e fuori il Biscione
ARESE – Dalla penna dei disegnatori del Centro Stile Alfa Romeo sono uscite fra le più belle macchine del panorama automobilistico italiano. Ma quanti, fra i profani, sanno che ad affiancare gli stilisti, gomito a gomito, vi erano i disegnatori tecnici del Centro di Progettazione?
Ce lo racconta oggi Siro Palestra, classe 1946, alla progettazione dell’Alfa Romeo dal 1968 al 1978 ma legato “dal di fuori” al Biscione anche negli anni successivi. Milanese di nascita e di residenza, Siro è aresino d’adozione attraverso la figlia Michela Palestra, già sindaco di Arese per due mandati e ora consigliere regionale a Palazzo Lombardia.
Siro, figlio di un carreté, come si chiamavano a Milano i trasportatori di materiali con cavallo, è costretto ad andare a lavorare a 13 anni in seguito a un infortunio del padre. Il suo primo mestiere, la pressa manuale in una ditta di via Carlo Farini. A 15 anni passa in un’azienda del gruppo Siemens dove si produceva un’apparecchiatura elettromedicale per radiografie. Un centinaio di operai suddivisi per sette-otto reparti. C’era il fabbro, la meccanica pesante, la meccanica per le viti, la sabbiatura, la cromatura, la verniciature, il settore elettrico , il montaggio e la progettazione. Si iscrive alle scuole serali per conseguire il diploma delle medie industriali e avviene la svolta: nel 1968 l’Alfa Romeo sta cercando una decina di ragazzi da inserire nel suo reparto di progettazione. Siro viene assunto con una borsa di studio.
“Avevamo l’entusiasmo alle stelle – racconta – perché l’Alfa Romeo era l’Alfa Romeo. Ho trovato una scuola fantastica che mi è servita per tutta la vita e una famiglia perché qualsiasi richiesta facessimo, ci davano retta. Lo stile cura la parte estetica. La progettazione la fattibilità industriale. Il direttore era Ivo Colucci. Si disegnavano particolari di carrozzeria. All’inizio si lavorava sui lucidi ripassando il lavoro dei più esperti per acquisire la manualità che è l’essenza del nostro mestiere. In pratica noi traducevamo in cinquecento disegni quelli che sono i componenti della macchina. Con i nostri disegni veniva fatto il prototipo e poi la verifica. E’ una stata crescita graduale perché a scuola ti insegnano il disegno meccanico. <Fammi una superficie dei raccordi>. La carrozzeria invece è un foglio sagomato e bisogna disegnare dei volumi. Solo dopo tre anni cominciammo a creare cose pensate da noi”.
Ad Arese il reparto prototipi era in grado di fare tutte le lamiere, tutti i vetri e realizzava decine di scocche di vetture e di carrozzerie. Alcune venivano motorizzate per le prove di omologazione, per le verifiche stradali e quelle distruttive, le prove cinture eccetera. Dal modello di stile alla produzione potevano passare mesi e mesi e magari le auto non venivano realizzate. Per le prove su strada, la carrozzeria delle vetture veniva camuffata per non far riconoscere il motore nuovo e i piloti giravano di giorno e di notte.
Quando Siro entra in Alfa Romeo si sta progettando l’”Alfa 6”, una sei cilindri con il motore anteriore a trazione posteriore e il ponte di Dion. Uscì nel 1973, in piena crisi della benzina e fu presto ritirata. “Subito dopo – racconta Siro – facemmo una macchina molto simile per l’Alfa Romeo Brasile. Dopodiché nacque l’Alfetta con il motore anteriore a trazione posteriore”.
Intanto verso la fine degli anni 70 il clima in azienda non era più lo stesso. Proteste. Blocchi stradali. Nel ’78 Siro decide di accettare un’offerta di lavoro dalla Same Trattori di Treviglio vicino a Bergamo, una società fondata da un ex dipendente Alfa Romeo coscritto di Enzo Ferrari. Nel frattempo si era sposato, era diventato padre e continuato gli studi, conseguendo in Brera la maturità artistica.
“Noi in Alfa parlavamo della mentalità giapponese – racconta Siro – di avere tutti i fornitori dei pezzi esterni. A Treviglio, nel ’78, era già così. C’era molto indotto e la produzione era velocisisma. In Same progettavo carrozzeria, cofani, cabine e condizionatori sempre e solo per trattori. Ci sono rimasto fino all’82 e poi mi sono stancato di fare su e giù in treno quattro ore al giorno e sono andato a lavorare alla Zagato, che in quel periodo aveva ricevuto dall’Alfa Romeo la commessa per realizzare una vettura ibrida benzina-elettrica”.
Nell’84-85 nasce il prototipo “Tempo Libero”. Realizzata su pianale dell’Alfa Sud, aveva un motore boxer su cui era montato un motore elettrico. Era una 5+2 con un sistema di sedili ribaltabili. “Al Portello il settore sperimentale aveva studiato l’applicazione della meccanica con la parte elettrica. Purtroppo rimase un prototipo usato come muletto all’interno dell’Alfa Romeo. In seguito, fu accartocciato. Nell’87, con l’arrivo di Fiat in Alfa Romeo, a Zagato fu commissionata un’altra auto elettrica. Progetto, anch’esso, affidato a Siro. (continua)
Articolo pubblicato su “Il Notiziario” del 22 marzo 2024 a pag. 58