Le start up femminili più remunerative ma incomprese dai finanziatori
20 Giugno 2019 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Associazioni, Cronaca, Economia, Imprenditoria, Sociale |
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GammaDonna organizza un convegno a Torino per trovare soluzioni al problema
TORINO – Le donne imprenditrici trovano maggiori difficoltà nell’accesso al capitale iniziale rispetto ai colleghi uomini, e ciò nonostante le start up femminili producano un reddito più alto e siano più longeve e quindi maggiormente attrattive dal punto di vista finanziario.
Il tema, spinoso, sarà affrontato a Torino il 25 giugno prossimo al convegno dal titolo: “Attrarre capitali è un’arte: strategie vincenti di imprenditrici innovative”, che si terrà nell’ambito dell’Italian Tech Week, l’iniziativa organizzata dall’associazione GammaDonna e dal Comitato Imprenditoria Femminile della Camera di commercio di Torino.
Nell’ambito dei lavori sarà presentato lo studio della Bcg (Boston consulting group) condotto in collaborazione con la MassChallenge, la rete globale di acceleratori d’imprese con sede negli Usa che offre alle startup l’accesso a mentori e a esperti del settore. MassChallenge, che non fornisce sostegno finanziario né diventa azionista delle imprese con cui lavora, ha sostenuto dal 2010, anno della sua fondazione, oltre millecinquecento imprese che a loro volta hanno raccolto più di 3 miliardi di dollari in finanziamenti e creato più di 80mila posti di lavoro.
Bcg ha analizzato come il 42 per cento di tutte le imprese sostenute da MassChallenge, di qualsiasi tipo e i tutte le località, abbiano avuto almeno una fondatrice donna. Ma purtroppo gli investimenti in aziende fondate o co-fondate da donne hanno raggiunto una media di 935mila dollari, ossia meno della metà della media di 2,1 milioni di dollari investiti in aziende fondate da imprenditori uomini. Eppure in un lustro le startup fondate e co-fondate da donne hanno generato il 10 per cento in più di entrate cumulative: 730mila dollari rispetto a 662mila dollari.
Fra i motivi del minore apeal per gli investitori vi sarebbe la minore audacia nell’esposizione sull’ipotesi del ritorno dell’investimento rispetto agli uomini. Insomma le donne sono più prudenti nel promettere grandi ritorni finanziari e questo le penalizzerebbe.
Un altro ostacolo riguarderebbe la minore familiarità che gli investitori maschi avrebbero con i prodotti e i servizi proposti dalle imprese femminili. Ciò perché molto spesso le donne fondano imprese in categorie come la cura dei bambini o la bellezza dove hanno maturato un’esperienza personale.
Fra le soluzioni che saranno illustrate al convegno vi è quella di aumentare le presenza delle donne nei ruoli direttivi delle società d’investimento al fine di raggiungere un approccio al problem solving più creativo e non convenzionale.
Ombretta T. Rinieri