Alfa Romeo: oltre 200 Seniores a Villa Valera
30 Marzo 2018 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Area Metropolitana, Associazioni, Aziende, Cronaca, Eventi, ex Alfa Romeo, Sociale |
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RICORRENZA – Nostalgici testimoni di una gloriosa fabbrica, si ritrovano ogni anno
ARESE – Da cosa deriva quel forte senso di appartenenza che riveste come una seconda pelle i lavoratori Alfa Romeo? I primi e i più appassionati alfisti del Biscione? Ho cercato le risposte sabato scorso in Villa Valera incontrando circa duecento dei loro volti riuniti in occasione dell’annuale pranzo sociale organizzato dal gruppo Seniores. Nell’ascoltare alcuni dei loro vissuti e nel cogliere la calda sensazione di gioia scaturire dal loro ritrovarsi insieme, ho aperto un libro inedito sulla storia e scoperto una grande famiglia orgogliosa d’aver contribuito per un tempo della propria vita al prestigio di un marchio noto in tutto il mondo.
Aurelio Maggioni, 97 anni, entrato in Alfa Romeo nel 1937. Con quaranta anni e cinque mesi in azienda è l’operaio più anziano e con più anzianità di servizio. “Sono entrato in Alfa Romeo il 13 gennaio 1937 –mi ha raccontato lucidissimo – dopo aver rotto le scatole all’ingegner Zeni che dirigeva la scuola allievi. Avevo quindici anni ed ero già innamorato delle Alfa. Zeni stufo mi disse: <Tu hai finito di rompermi le scatole. Ti metto in fonderia elettron>, un materiale più leggero dell’alluminio con cui si costruivano i motori d’aviazione e tanti pezzi degli aerei. I basamenti in particolare. Praticamente era iniziata la guerra e io da ragazzo mi dicevo: ma è possibile che la Germania e l’Italia possano vincere la guerra contro la Russia che è così grande? E difatti l’abbiamo persa”.
Altro veterano è Nunzio Di Candia, 89 anni, entrato in Alfa Romeo il 20 luglio 1943 a 14 anni. Abitava a Lissone e aveva appena finito l’avviamento all’Umanitaria dove si imparava officina, fabbro, cesellatura, disegno dal vero, italiano e si ricevevano nozioni sugli aerei. Anche lui aveva già il pallino dell’Alfa. “Con gli altri- racconta – andavo a vedere a Monza le prove del Gran Premio”. Vincevano le Alfa? “No, vincevano le tedesche dell’Auto Union, che era sempre la Volkswagen. Le vetture Alfa hanno vinto dopo la guerra. Per non farne copiare la tecnica sono state nascoste sotto i rifugi costruiti in mezzo a via Renato Serra”. Pur avendo già una qualifica, anche Nunzio entra nella scuola aziendale. L’Alfa Romeo investiva sugli uomini ancora prima che sulle macchine. Ecco l’imprinting.
Fattorino durante la guerra a stretto contatto con il direttore Ugo Gobbato in manutenzione generale dopo. Negli anni 50 nasce la “Giulietta” e l’Alfa Romeo decolla nelle vendite e nel sociale aziendale. C’era il Cral e per il dopolavoro dei dipendenti un’intensa attività sportiva, culturale e ricreativa organizzata dall’azienda.
Nunzio diventa il responsabile della biblioteca, della cinematografia e della fotografia sotto la supervisione del direttore sociale Severgnini. “Veniva dalla Pirelli ed era un grande intellettuale, uno scrittore e un consulente della Scala”, ricorda Nunzio che lascia l’Alfa Romeo nell’81 e ora è un bibliofilo con all’attivo oltre 2mila titoli.
Angelo Lainati, 89 anni, saronnese doc, ha visto l’Alfa Romeo distrutta dai bombardamenti del ’44, quando aveva appena 15 anni. Ha creato e diretto per vent’anni il giornale aziendale “Alfa Notizie” ed è stato dirigente del gruppo formazione tecnica-progettazione che si occupava di studiare tutte le norme e le specifiche dei capitolati. Del Museo Alfa Romeo dice che Arese ha fatto ciò che avrebbe dovuto fare Milano e non si capacita di una cosa: “Perché l’Alfa Romeo l’hanno distrutta, che era l’azienda si può dire più famosa che avevamo in Italia?”.
E’ una domanda sospesa anche per Renata De Angelis, trentasei anni al Biscione tra il Portello e Arese. Segretaria di direzione ha lavorato agli acquisti materiale di produzione, acquisti materiale ausiliari, finanze, verificazione e meccanica. Tra il ’96 e il ’97 è stata chiamata a seguire il progetto del Craa nato il 28 febbraio ’96. “Ne facevano parte Regione, Provincia, Camera di commercio, Lainate, Garbagnate, Rho, Arese e Bollate”. Bollate? “Sì anche Bollate perché il sindaco Nizzola – spiega – volle esserci in quanto disse che molti suoi residenti lavoravano all’Alfa Romeo. Il progetto prevedeva che ogni 2mila mq gli industriali dovessero assorbire cinque dipendenti ex Fiat in mobilità o in cassa integrazione. Grandi industriali come il gruppo Marcegaglia erano intenzionati ad acquisire metà dello stabilimento. Sarebbe stato il futuro delle nostre generazioni perché si sarebbero insediate tutte aziende produttive. C’erano faldoni alti così e io stessa ho accompagnato in giro per la fabbrica gli industriali. Volevano acquistare. Poi sono stati bloccati”. Da chi? “Non lo so”.
Entra in Alfa Romeo a 14 anni nel ’44 anche Pietro Dallera. Scuola aziendale, tracciatore, capo squadra fino a diventare dirigente. In mezzo la guerra, il bombardamento della fabbrica, l’8 settembre, il 25 aprile, le br che lo gambizzeranno con otto colpi e di cui porta ancora oggi le conseguenze. La colpa? Aver preso lo scalone sociale dopo aver fatto la gavetta. Un’ingiustizia solo parzialmente mitigata dall’affetto con cui è circondato dai suoi colleghi. Al tavolo con lui oltre a Lainati altri personaggi illustri. Giuseppe Casiraghi, capo dei collaudatori. Antonio Zaro, dirigente del reparto stampaggio e assemblaggio. Gottardo Bustreo, caporeparto progettazione, carrozzeria che introdusse in Alfa e in Italia il primo sistema di disegno meccanico con il computer. Vittorio Motta che ha scritto la storia dell’Alfa Romeo in Brasile. Alessandro Mantegazza, responsabile impianti tech facility e Siro Palestra, papà del sindaco in carica, al servizio dell’Alfa Romeo fino al ’78 internamente e poi da esterno tramite Zagato, Stola e De Silva.
Ombretta T. Rinieri
pezzo pubblicato su “Il Notiziario” del 30 marzo 2018 a pag. 67