Stabile nella Ue il commercio elettronico
14 Dicembre 2017 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Commercio, Cronaca, Economia, Politica |
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Ostacoli per trasporti, costi di consegna, barriere linguistiche e contenziosi giudiziari. In Italia il mercato è fermo al 10 per cento
BRUXELLES – (o.t.r.) – Stabile negli ultimi due anni il commercio elettronico in Europa. Nel 2016, il 16 per cento delle imprese europee con almeno dieci addetti ha ricevuto ordini tramite un sito web o un’ app. La stessa percentuale del 2014. Era del 12 per cento nel 2010. Quasi tutte hanno venduto merce nel proprio paese (97%), una buona percentuale (44%) ha esportato in altri paesi Ue e un quarto al di fuori dell’Unione (28%).
La Commissione europea sta mirando a creare un “mercato unico digitale” in cui il commercio elettronico tra gli stati membri sia uniforme, eppure quasi 2 imprese su 5 hanno incontrato difficoltà a causa dei costi di consegna e o delle barriere linguistiche.
I dati emergono da un sondaggio condotto nel 2017 da Eurostat fra le imprese operanti nell’Ict. L’e-commerce è stato utilizzato da circa un quarto delle imprese in Irlanda (26%), Svezia (25%) e Danimarca (24%), Paesi Bassi (22%) e Belgio (21%). Meno di un’impresa su dieci invece in Romania (7%), Bulgaria e Polonia (entrambe il 9%), Italia e Lettonia (entrambi al 10 per cento).
Le vendite dell’e-commercio transfrontaliero nella Ue vedono quali maggiori esportatori Cipro (71%), Austria (69%), Lussemburgo (61%), Lituania (57%), Italia, Grecia e Malta (tutti il 55%), Danimarca (30%), Svezia (33%), Romania (28%) e Finlandia (24%). Mentre verso i paesi extra Ue è ancora Cipro a guidare la classifica con oltre la metà (62%) delle imprese con vendite sul web a clienti non UE, seguita da Malta (44%), Irlanda (41%), Portogallo (40%), Grecia e Austria (entrambi il 39%).
Le spese di trasporto sono il principale ostacolo alle vendite online transfrontaliere all’interno dell’Unione. Lo hanno riferito il 59% delle imprese del campione. Altri ostacoli sono gli alti costi di consegna o di restituzione dei prodotti (27%), tecnici come la mancanza di conoscenza delle lingue straniere (13%) o l’adeguamento dell’etichettatura dei prodotti (9%) e o motivi giudiziari relativi per la risoluzione di reclami e controversie (12%).
Fonte Eurostat