Addio a Iandiorio, un pezzo di storia dell’Alfa
7 Luglio 2017 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Area Metropolitana, Aziende, Cronaca, ex Alfa Romeo, Nera, Personaggi |
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TRAGEDIA – Venerdì 30 giugno 2017 i funerali del maresciallo morto in un incidente. Il ricordo dei molti amici
ARESE – C’era un pezzo di storia dell’Alfa Romeo il 30 giugno scorso ai funerali di Vito Iandiorio celebrati nella chiesetta “San Bernardino” da don Lino Marchesi, che quell’uomo schivo e generoso conosceva bene. “Chi lo ha amato – ha detto l’anziano sacerdote – ne custodisca con cura il ricordo. Era una persona di un’umanità eccezionale, sempre pronto ad aiutare gli altri. Impegnato nel sociale e in diverse iniziative sul territorio” .
Quell’uomo schivo e generoso era stato responsabile dei servizi di sicurezza del Biscione negli anni di piombo del terrorismo, quando all’Alfa Romeo si era infiltrata la colonna Walter Alasia. Maresciallo capo dei carabinieri a Bolzano, rispondendo alla sollecitazione di un colonnello, nel ’73 lasciò l’Arma per Arese.
Tante le testimonianze sulla sua figura. “Oggi sono qui – ha detto commosso Vincenzo De Luca, ex sindacalista della Uil – perché gli devo la vita. Ero stato preso di mira dalle Brigate Rosse. Erano state trovate delle lettere dove mi volevano morto e quando ho detto a Iandiorio che ero seguito da sconosciuti, lui mi ha messo dietro la scorta. In via Varesina la scorta ha sventando l’attentato che mi avevano preparato”.
“Era un uomo eccezionale – ha commentato Italo Rosa, ex difensore civico di Arese e per tanti anni capo del personale dell’Alfa Romeo”.
“I momenti caldi del terrorismo – ha ricordato Carlo Agazzi, presidente del gruppo Seniores Alfa Romeo – sono stati gestiti da lui e dai suoi uomini. Aveva contatti con Carlo Alberto Dalla Chiesa. In un colloquio mi disse Taliercio è nel mirino e dopo quindici giorni lo hanno ucciso”.
Iandiorio sceglieva accuratamente i suoi uomini fra i carabinieri e le forze dell’ordine congedati o tra i paracadutisti. E’ così che ha scelto l’allora ventenne Vittorio Turconi, poi divenuto suo braccio destro, oggi leader della Lega Nord locale e titolare di un’agenzia investigativa.
Turconi si occupava del servizio scorte. “Negli anni 70-80 l’Alfa Romeo – ha ricordato Turconi – era un’azienda attiva, la numero uno del gruppo Iri, ma è stata presa di mira dalle Br. Era gente che sparava. Vallanzasca. Gallinari. Sono stati anni di fuoco vero. Attentati, sequestri, sparatorie, minacce. Gestire la sicurezza in quel periodo non era fare guardiania, ma curare la sicurezza fisica delle persone. Le attività erano tante. Le responsabilità pure. I dirigenti venivano presi di mira. Dallera è stato gambizzato. Sandrucci sequestrato. Mincuzzi legato a un palo. Iandiorio si è trovato a gestire gli anni oscuri dell’Alfa Romeo. Delle evoluzioni sindacali. I problemi con il cdf, le casse integrazioni pesanti. Poi la vendita e la chiusura della fabbrica. La gente che è rimasta a casa dal lavoro. I conflitti. La sicurezza è stata il perno di tutto ciò. Il lavoro richiedeva fiducia e lui ha scelto i suoi 120 uomini con estrema cura. Il sorvegliante contava tanto. Di notte non dormivi, perché di notte incendiavano le macchine. Bloccavano le catene di montaggio”.
La colonna Walter Alasia è nata, si è ramificata e agiva all’interno della fabbrica. I suoi appartenenti si nascondevano dietro nomi di battaglia e non è stato facile individuarli fra i 20mila dipendenti dell’Alfa Romeo. Ai tempi non c’era ancora il reparto dei Ros. C’erano gli uomini di Dalla Chiesa che formavano la sezione antiterrorismo. Esisteva la Digos a Milano e l’anticrimine dei carabinieri.
“Non c’era neppure la legge sui pentiti – ha ricordato Turconi – è arrivata dopo con l’arresto del figlio di Donat Cattin. Anche Iandiorio è stato scortato. Il suo nome era stato trovato in un covo delle Br”.
Quando ai primi degli anni 90 Iandiorio è andato in pensione, l’Alfa Romeo gli ha chiesto di diventare suo consulente nel recupero crediti dell’Alfa Leasing. Nasce la Osirac. Ad aiutarlo a organizzare la rete esattoriale il maresciallo maggiore Antonio De Lorenzis. I due avevano aperto nell’87 insieme a Mario Ferrari, che comandava la stazione dei carabinieri, la sezione aresina dell’Anc ed erano buoni amici. “Sono andato in giro per l’Italia a cercare colleghi congedati – ricorda De Lorenzis – perché la mia idea era quella di prendere un esattore per ogni regione cui demandare poi l’organizzazione locale. E così è stato fatto”. Ora la società è una spa, ma gestita da Iandiorio come una famiglia. In chiesa i dipendenti della Osirac hanno espresso la loro “immensa gratitudine a un datore di lavoro al quale il rispetto non era solo dovuto ma sentito”.
De Lorenzis ha perso un amico. “Ci conoscevamo da 35 anni. Era un gran generoso. Per il 30esimo anniversario dell’associazione ci ha dato una mano economicamente. E’ il secondo amico che perdo in poco tempo. L’altro è stato Albino Vernò due mesi fa. Era titolare di una società di grafica a Limbiate. Un infarto se lo è portato via all’improvviso”.
All’improvviso è scomparso anche Vito Iandiorio. In via Marietti ha perso il controllo della macchina, si pensa per un malore, ed è andato a sbattere contro un grosso albero. Per estrarlo i vigili del fuoco hanno dovuto tagliare le lamiere. Un colpo per la moglie Riccarda Davini, che non se ne capacita e che in chiesa continuava a ripetere: “Non mi sembra neanche vero”.
OmbrettaT. Rinieri
Il Notiziario – 7 luglio 2017 – pag. 61