40esimo dei padri Betharramiti a Castellazzo: “Vivere Castellazzo” è vivere l’operosità Betharramita
21 Aprile 2016 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Associazioni, Bianca, Cronaca, Eventi, Religione, Sociale, Volontariato |
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CASTELLAZZO DI BOLLATE – “Quando i Betharramiti sono arrivati a Castellazzo – è stata la toccante testimonianza di Roberto Pirola, presidente dell’associazione Vivere Castellazzo – noi, inizialmente, siamo rimasti abbastanza meravigliati per il modo diverso e nuovo di come loro si sono presentati. Fino ad allora, noi del gruppetto che già frequentava la parrocchia e l’oratorio, eravamo abituati a condividere con i sacerdoti molte parte della vita religiosa e sociale, ma poi ognuno tornava nelle proprie case. E il giorno dopo si ricominciava. Con i padri Betharramiti c’è stato una disponibilità totale. Eravamo accolti nella loro casa, con loro si cenava, con loro si viveva veramente in comunità. Poi non posso dimenticare la casa famiglia di Teggiate dove per quindici – trenta giorni noi si stava con i padri Betharramiti tutti insieme sotto un unico tetto”.
Lo stare insieme, la condivisione del tempo e dello spazio ha favorito la comunione dello spirito e le iniziative sono fiorite. “Abbiamo potuto mettere in comune le nostre aspettative – ha detto Pirola – i nostri desideri, la nostra voglia di fare. Anche perché con la Comunità dei padri Betharramiti vi sono state diverse suddivisioni dei ruoli, nel senso che molte iniziative sono state demandate a noi laici. Fra le tante che faccio fatica a mettere insieme ricordo tra le più significative la nascita di Vivere Castellazzo e la rassegna del “Maggio Castellazzese”. Molte iniziative sono nate in parrocchia e tutte hanno avuto un unico scopo: quello di aumentare l’interesse sulla nostra comunità di Castellazzo e sulla parrocchia San Guglielmo attraverso l’accoglienza e la disponibilità come ci è stato insegnato dai padri Betharramiti. Se dopo quarant’anni siamo ancora qui è perché ci siamo sentiti parte di un progetto, che ci piace, che ci si addice, come quando indossi un vestito, ti piace o non ti piace. Non ci sono vie di mezzo, non è che un mese ti va bene e un altro no. O ti calza o non ti calza. E quindi noi siamo qua perché il progetto ci andava bene”.
“L’invecchiamento e i nuovi cambi generazionali hanno portato all’assottigliamento numerico dei parrocchiani residenti – ha considerato Adriana Algisi – e quindi il bello della conoscenza e del confronto della fede è stato quasi familiare in questa piccola realtà e faticosa, perché al di fuori dei padri Betharramiti i parrocchiani frequentanti sono pochi, e tanta è la messe ma pochi sono gli operai. Tuttavia questa mancanza negativa diventa positiva e ti spinge ad allargare il cuore nella ricerca di chi e dove vivere una nuova dimensione di appartenenza e si rimane ancorati alla piccola realtà della parrocchia con tantissimi bisogni, ma con momenti liturgici intimi che ti fanno sentire unica e più grata al Signore. Sensazioni così grandi da spingerti avanti sempre, che è un altro invito Betharramita”.
Adriana Algisi ha poi raccontato all’uditorio un episodio curioso accadutole quest’anno a Praga dove si è recata in visita insieme al gruppo di volontari che ruota intorno all’oratorio di San Guglielmo: “Nel visitare la chiesa del Bambino – ha detto sorridendo – abbiamo incontrato un frate cappuccino che ci ha chiesto da dove venissimo. “Da Milano”, perché io la prendo sempre alla larga, “Va be’ non proprio da Milano, da Bollate”. “Ah – ci ha risposto – io conoscevo un sacerdote di Bollate”. Ed era don Sala. “E – ho detto – ma guarda incontrare un sacerdote a Praga che conosce un sacerdote di bollate”. Poi dico: “Ma noi non siamo proprio di Bollate. Siamo di Castellazzo, dove ci sono i Betharramiti”. “Ah i Betarramiti – ci ha risposto – conosco. Siamo stati in missione assieme”. E noi ci siamo sentiti parte di una famiglia mondiale che ci ha uniti qui e a Praga”.
Ombretta T. Rinieri