La psicoterapia è il cuore di ogni tipo di aiuto
16 Ottobre 2015 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Benessere, Cronaca, Religione, Sanitaria, Scuola, Sociale |
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ARESE – La psicoterapia si propone di aiutare le persone che soffrono di giungere al cuore del problema per andare incontro a se stesse, per comprenderne la causa e la giustificazione delle loro fatiche comportamentali e risolverle o conviverci con maggiore serenità.
La premessa è di Maria Grazia Brioschi, della scuola junghiana, che alla serata del Cospes ha spiegato quando scatta la necessità di intraprendere un percorso psicoterapeuta. Brioschi, dopo tanti anni di esperienza al centro psicopedagogico salesiano, è divenuta l’ alter ego di don Renzo Ferraroli. “Quando – ha detto – si rendono manifeste nevrosi, complessi, angosce, panico, inibizioni (anche nella sfera della sessualità e, con mio grande dispiacere, ho trovato molte difficoltà nella sfera della sessualità, proprio fra le giovani coppie), sensi di colpa, fatiche che inibiscono l’io che è la struttura portante della personalità e lo privano dall’uso delle proprie potenzialità. Quando vi è un profondo stato di tristezza. Perché anche nella depressione, è necessario distinguere tra la depressione minor e quella major. Quando si è in presenza di un’aggressività incontrollata, perché l’aggressività non è né buona né cattiva. E’ un’energia, ma dipende da come la si usa e quando è incontrollata e malsana diventa un problema serio che porta a star molto male la persona e a isolarla dal contesto sociale”.
Nel vaso alchemico che è il rapporto terapeutico, tutti e due, paziente e terapeuta sono in discussione. Entrambi si evolvono in un dare-avere continuo. “E’ una circolarità – ha continuato Brioschi – ecco perché è un rapporto vero e autentico. Esso mira a condurre la persona a riprendere in mano la propria vita. Apprezzando di più se stessa nei propri talenti e nei propri limiti, la persona può affrontare le relazioni e le difficoltà quotidiane con sufficiente serenità ed equilibrio”.
Spesso la relazione io-tu scivola nell’interdipendenza al punto tale da mettere in crisi il rapporto di coppia. “A volte mi chiedo – ha considerato la dottoressa – se il matrimonio è davvero stato contratto. Questa relazione di interdipendenza si può realizzare anche tra il terapeuta e il paziente, quando il terapeuta, per avere una sua gratificazione, vuole imporre i tempi evolutivi al paziente senza rispettare quelli che sono invece i tempi evolutivi del paziente. E la stessa situazione la si può portare nel rapporto genitori-figli, nel rapporto insegnanti e allievi. Ecco perché è estremamente importante riconoscerci noi nei nostri talenti e nei nostri limiti. Solo così non siamo dipendenti dal riconoscimento altrui, anche se umanamente tale riconoscimento fa piacere. Ma non dobbiamo dipenderne”.
Riconoscendosi, la relazione io e tu, da relazione di interdipendenza diventa relazione di intersoggettività e quindi sono in relazione, stare, ma essere, perché sono centrata su di me, si esprime in capacità di convivere con il proprio mondo pulsionale, emotivo e affettivo. “E’ la capacità – ha detto meglio Maria Grazia Brioschi – con cui mi riconosco e con cui sono capace di riconoscere l’altro. E’ la capacità di accettare le modalità espressive e i tempi dell’altro, senza attese e pretese. Ciò genera uno stato di maggiore benessere e serenità. Ecco perché il Cospes, che ha come centralità la persona offre questo prezioso servizio di psicoterapia che è il cuore di ogni tipo di aiuto”.
Ombretta T. Rinieri