Libertà d’informazione, libertà di stampa e ruolo del giornalista
3 Maggio 2014 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Cronaca, Informazione |
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Libertà d’ informazione significa libertà di espressione e di opinione, di libertà di cronaca e di critica, valori di tutti i cittadini di una Nazione ma che trovano il momento più esaltante nel giornalismo e nella professione giornalistica.
I giornalisti si pongono come mediatori intellettuali tra i fatti che accadono e i cittadini che leggono, ascoltano o vedono le immagini sul piccolo schermo. La libertà di informazione è il perno di ogni altra libertà riconosciuta dalla Costituzione.
Tale dottrina trova il suo fondamento politico, il suo incipit, nell’articolo 11
nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 26 agosto 1789.
L’articolo 11 di quella prima Carta riconosce che “la libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo. Ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla legge“.
La libertà di manifestazione del pensiero va, però, di pari passo con altri valori alti della Costituzione repubblicana (l’onore e l’identità della persona, l’obbligo per il giornalista di informare in maniera corretta). Resta inteso, infatti, che “perché la divulgazione a mezzo stampa di notizie lesive dell’onore possa considerarsi lecita espressione del diritto di cronaca, e non comporti responsabilità civile per violazione del diritto all’onore, devono ricorrere tre condizioni:
1) utilità sociale dell’informazione;
2) verità oggettiva, o anche soltanto putativa purché frutto di diligente
lavoro di ricerca;
3) forma civile dell’esposizione dei fatti e della loro valutazione, che non ecceda lo scopo informativo da conseguire e sia improntata a leale chiarezza, evitando forme di offesa indiretta” (Cassazione penale, sentenza n. 5259/1984).
Con la sentenza n. 2113/1997 la Cassazione penale chiede inoltre “la corrispondenza rigorosa tra i fatti accaduti e i fatti narrati, secondo il principio della verità: quest’ultimo comporta l’obbligo del giornalista (come quello dello storico) dell’accertamento della verità della notizia e il controllo dell’attendibilità della fonte”.
Il giornalista deve ubbidire a questa regola fissata dalla sua legge professionale: “E’ diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede”. “Oltre all’obbligo del rispetto della verità sostanziale dei fatti con l’osservanza dei doveri di lealtà e di buona fede, il giornalista, nel suo comportamento oltre ad essere, deve anche apparire conforme a tale regola, perché su di essa si fonda il rapporto di fiducia tra i lettori e la stampa” (App. Milano, 18 luglio 1996; Riviste: Foro Padano, 1996, I, 330, n. Brovelli; Foro It., 1997, I, 938).