L’excursus storico dell’Alfa Romeo nell’intervento di Stefano D’Amico, presidente Riar
18 Aprile 2014 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Area Metropolitana, Aziende, Cronaca, Cultura, Eventi, ex Alfa Romeo |
Dalla nascita nel 1910 alle due guerre mondiali, alle vittorie sportive, al periodo br fino alla svendita alla Fiat passando per gli allori del genio italiano che hanno fatto grande un marchio alle vittorie sportive negli autodromi del mondo
ARESE – Coinvolgente e appassionato l’intervento di Stefano D’Amico, direttore del Registro Italiano Alfa Romeo, che ha rivelato anche i retroscena organizzativi del convegno sulla riapertura del Museo del Biscione tenutosi il 13 aprile scorso a ‘Villa la Valera’ di Arese.
“Ringrazio il sindaco Michela Palestra e l’assessore Roberta Tellini – ha accennato nell’incipit del suo intervento – con cui mi sono incontrato in maniera quasi carbonara sotto la pioggia dentro una macchina perché i dirigenti dell’Alfa Romeo non avevano autorizzato l’ingresso delle gentili signore al Museo. Alla richiesta di Arese abbiamo immediatamente aderito a questa iniziativa come Riar cui si sono associati per solidarietà i nostri club Alfa Romeo di Trieste e Roma. Si è già detto negli interventi che mi hanno preceduto che non vi è futuro senza passato. Ecco, noi rappresentiamo la storia dell’Alfa Romeo che portiamo in giro per il mondo anche quando l’Alfa Romeo Fiat Group è stata latitante rispetto all’immagine di un marchio”.
E dopo i convenevoli, D’Amico è partito con orgoglio in un excursus storico: “L’Alfa nasce nel 1910 come Anonima Lombarda Fabbrica Automobili dal fallimento della napoletana Darracq. Da allora inizia una storia costellata di situazioni pesanti e di un continuo passaggio di assetti societari. All’Alfa si aggiunge nel 1915 l’ imprenditore Nicola Romeo da cui una decina di anni dopo verrà estromesso molto pesantemente. Poi scioperi, un conflitto bellico, un secondo conflitto bellico, la morte di alti dirigenti come Ugo Gobbato che vengono trucidati inspiegabilmente da quelle che erano le cosiddette forze di liberazione. Personaggi che hanno fatto l’Alfa Romeo, una fabbrica che fin dall’inizio ha annoverato operai fantastici fino agli ultimi 27mila. Qui (nello stabilimento di Arese, ndr) c’era gente, penso a Enzo Ferrari, che sapeva fare i guanti alle mosche. Si parlava di musei. Ora dobbiamo guardare noi al museo della Mercedes o della Bmw quando viceversa erano loro che venivano ad ammirare in Italia. Bmw e Audi acquistavano le ‘75’ per scoprire come erano fatte. Arese era un simbolo di capacità, di progettualità di fare italiano assolutamente eccezionale, ma è stato spogliato di tutto”.
Silenzio religioso in platea mentre le parole di D’Amico, accompagnate dalla proiezione di un filmato inedito sull’Arese dell’epoca gloriosa da una parte e dura dall’altra, riecheggiavano in un misto di sogno e realtà. “Dell’Alfa Romeo – non si è fatto scrupolo di dire – negli anni 70 le brigate rosse hanno fatto terra di conquista. Hanno picchiato e massacrato”. E gli applausi sono scrosciati allorché sullo schermo sono comparse le immagini del dirigente Pietro Dellera in ospedale ferito dalle br, che era presente in sala.
“Le br – ha continuato D’Amico – realizzarono in fabbrica il potere proletario armato attaccando il piano padronale di Ettore Massacesi. Eppure quando nel pieno delle battaglie sindacali visitavo gli stabilimenti Alfa Romeo (e avevo anche un po’paura, perché menavano forte) alle pareti gli operai avevano appese le fotografie dei piloti, delle Alfa che vincevano, come a dire: non saremo d’accordo con i padroni però io sono uno dell’Alfa, e quindi l’Alfa che vince mi onora e mi onora lavorare qua dentro. Ma, haimé, conflitti sindacali e ingerenze politiche portarono al declino della fabbrica fino ad arrivare alla decisione finale quando nel giro di poche ore, nonostante la presenza ad Arese degli alti dirigenti Ford, fu deciso a costo zero il passaggio dell’Alfa Romeo dall’Iri Finmeccanica alla Fiat. Con la scomparsa di uomini d’oro come Guido Moroni e Consalvo Sanesi e l’avvento di un nuovo management è stata poi distrutta l’anima dell’Alfa Romeo, un capitale intangibile fatto di conoscenza ed esperienza. L’impegno del Comune di Arese deve essere quello di resuscitare un marchio, un marchio che comunque è fortunato perché è rappresentato da un quadrifoglio”.
“Il Museo – ha concluso D’Amico – inaugurato nel 1976 da Camillo Marchetti (direttore relazioni esterne dell’Alfa Romeo, ndr) deve essere restituito ad Arese, alla storia, alla cultura. Non può restare chiuso”.
O.T.R.
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