Problema “Facs”: il coinvolgimento della Provincia non sblocca la situazione. Chi sbroglia la matassa?
11 Ottobre 2013 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Bianca, Centro sportivo Arese, Cronaca, Inchieste, Locale, Politica |
Palazzo Isimbardi ha incontrato sia l’Amministrazione comunale dia i responsabili dimissionari di Facs
ARESE – A distanza di una settimana rimane ancora nella discrezionalità l’esito dell’incontro del 2 ottobre scorso tra Comune di Arese e l’organismo provinciale di vigilanza sulle fondazioni che dovrebbe, secondo quanto annunciato in consiglio comunale, prendere le decisioni necessarie a sbrogliare la matassa della Fondazione Arese Cultura e Sport. L’annunciata conferenza stampa di martedì 8 ottobre, che avrebbe dovuto rendere noti i passi decisi in Provincia, alla fine non si è tenuta. Al suo posto, in uno stringato comunicato stampa di venerdì 4, il Sindaco Michela Palestra annunciava l’intenzione dell’Amministrazione di attendere nuovamente la Provincia, che nel frattempo si sarebbe “riservata l’adozione di ulteriori iniziative riguardanti l’argomento”. Dal canto suo Palazzo Isimbardi, proprio martedì 8 ottobre, ha proseguito l’iter consultivo ricevendo anche gli organi dimissionari di Facs.
Ma perché sia l’Amministrazione comunale che Facs pendono dalla Provincia di Milano? Perché, tecnicamente, la Provincia svolge un’attività di vigilanza e controllo (disciplinata dagli artt. 23 e 25 del codice civile) per conto di Regione Lombardia alla quale fa capo il registro sui soggetti con personalità giuridica privata quali le fondazioni e alcune associazioni. In realtà è Regione Lombardia il dominus che iscrive e cancella queste realtà sul e dal registro. L’organismo di vigilanza provinciale controlla quei casi critici indicati dal Pirellone. In particolare controlla le realtà culturali, formative sportive, agricole, industriali eccetera. Non quelle sanitarie e socio sanitarie, che sono di competenza delle Asl.
Se la Provincia nota delle difformità approfondisce le criticità, avvia un’istruttoria e invia una relazione alla Regione nella quale può richiedere d’ufficio lo scioglimento della fondazione. E’ un iter lungo, perché la Regione una volta ricevuta la relazione deve provvedere all’audizione della Provincia, fare le proprie valutazioni. Viene nominato un commissario e fatta la messa a bilancio per le relative spese. Vi sarà poi tutto il lavoro del commissario prima di arrivare all’effettivo scioglimento della fondazione.
Facs ha interessato la Provincia delle proprie difficoltà fin dall’epoca del commissario prefettizio Emilio Chiodi. Periodo dal quale è partito un carteggio tra l’organo di vigilanza delle fondazioni e il Comune di Arese per rimediare alle anomalie createsi dopo le dimissioni del presidente Stefano Carli e dei consiglieri del cdi e del cdg. Passata l’era dei commissari e notato il perdurare dell’impasse nonostante l’insediamento della giunta Palestra, la Provincia ha ora incontrato il Comune e Facs per arrivare a una soluzione.
La Provincia, in accordo con la Regione, aveva infatti atteso le elezioni per non chiudere una fondazione “che aveva ancora una sua valenza”. E tempo ad Arese per decidere, la Provincia ne ha dato considerando che aveva chiesto già al commissario di prendere provvedimenti dopo le dimissioni degli organi di Facs accettando la decisione di Chiodi prima e Pavone dopo di attendere che fosse la politica a prendere le relative decisioni. Vi è da ricordare che lo statuto di Facs specifica che il soggetto promotore e fondatore (il Comune di Arese) ha l’obbligo di nominare nuovi consiglieri ed eventualmente il nuovo presidente in caso di dimissioni o di impossibilità a svolgere l’incarico. Tace invece sulla questione della revoca. Quindi, a rigor di logica, non dovrebbe essere necessario che il comune revochi le persone, ma che semplicemente ne nomini di nuove. Revoca e nomina dovrebbero essere atti separati. Con la condizione che la nomina è obbligatoria dallo statuto di Facs.
Circa il fatto, invece, che gli attuali organi dimissionari di Facs non abbiano più il potere di approvare i bilanci od opporsi ai decreti ingiuntivi, pare si sconfini nel diritto alla base del terzo settore, che sarebbe una parte del diritto con molte aree grigie d’interpretazione. Per la giurisprudenza consolidata le fondazioni sono più assoggettate ad attività profit, per cui il consiglio d’indirizzo dovrebbe corrispondere all’assemblea dei soci e il consiglio di gestione al cda. Di conseguenza i dimissionari rimangono in vacatio pro rogatio per compiere solo atti di ordinaria amministrazione. Ma vi sono anche atti urgenti e improrogabili che secondo la giurisprudenza dovrebbero essere presi anche da un cda dimissionario. Qui l’enigma che ha creato la contrapposizione tra il Comune e Facs: poteva e o doveva il presidente Stefano Carli opporsi ai decreti ingiuntivi? E’, o no, vincolante, l’articolo dello statuto di Facs secondo cui non si possono deliberare spese senza fondi in cassa e senza l’approvazione del cdi? In pratica Carli, forse avrebbe potuto opporsi al pignoramento in quanto urgente, ma nel momento di opporsi in quanto urgente, aveva una norma nel suo statuto che di fatto glielo impediva a causa della mancanza di fondi e di un cdi che deliberasse la spesa. Ecco il rompicapo da azzeccagarbugli e l’umana solitudine del presidente Carli.
Ombretta T. Rinieri
“Il Notiziario” 11 ottobre 2013 – pag.71