Home
» Cronaca » Politica » Analisi/Opinioni, Nazionale, Politica » La differenza tra “buffone” e “sbruffone”
La differenza tra “buffone” e “sbruffone”
8 Marzo 2013 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Analisi/Opinioni, Nazionale, Politica |
ARESE – Il buffone di corte era quella figura che nel medioevo, attraverso la satira, scoperchiava i vizi dei potenti. I signorotti, illuminati, ne sopportavano di buon grado il dileggio e se ne circondavano con l’intenzione recondita di conoscere in tal modo l’opinione dei sudditi. Con l’arma del sorriso amaro, il buffone infatti interpretava i malumori del popolo sfidando ironicamente il potente di turno.
Col tempo la figura del buffone di corte si è evoluta e con esso la satira. Il potere sorride, ma la teme. Beppe Grillo nasce come comico satirico, ossia come il buffone dei giorni nostri. Ma non sempre il potere lascia correre e quando, negli anni 80, Grillo irride il socialista Bettino Craxi, si ritroverà sbattuto fuori dalla televisione, sia pubblica che privata. A lungo resta confinato nelle platee dei teatri. Anno dopo anno la sua satira non è più comica. Non fa più ridere. Diventa denuncia pura. Informazione, spesso inedita. Nei suoi spettacoli la gente è calamitata. E’ sorpresa. E’ indignata dei ladrocini, degli scandali, dei privilegi dei politici, della soverchia dei potenti, della prepotenza delle banche sui piccoli risparmiatori eccetera, eccetera, eccetera.
Oggi, alla luce dei risultati eclatanti del Movimento 5 Stelle alle regionali e alle politiche, i commentatori esteri gli hanno dato del clown, mettendolo sullo stesso piano di Silvio Berlusconi contro il quale Grillo dice peste e corna da oltre vent’anni. Ma il buffone, che nel medioevo divenne il ponte tra la letteratura colta e quella popolare, non è lo sbruffone. E’ uno dei motivi per i quali del fenomeno Grillo si è occupato il Nobel Dario Fo, che da sempre attribuisce ai giullari, che per la loro arte utilizzano oltre alla parola, la mimica e la musica, una “coscienza politica oppositiva al potere”.
Di Grillo si dice che ha portato il suo movimento all’exploit attraverso una presenza scenica continua nelle piazze, comunicando con le folle anche attraverso un’evidente fatica corporea, con un look giù alla buona fatto di camicie a quadri e capelli scarmigliati. Ha rifiutato i confronti con gli altri leader e riempito le piazze. Da snobbato della televisione è finito sui tg di tutte le reti: da fenomeno border line a fenomeno di massa. Una presenza tale da “proteggere” od “oscurare” i suoi militanti e i suoi candidati. “Nessuno li conosce”, dicono nei talk show gli analisti politici abituati a scoprire l’acqua quando ormai è calda.
Il paradosso, che brucia ai partiti vecchio stampo, è quello di una legge elettorale, il porcellum, fatta a uso e consumo per blindare la democrazia, nella quale si è infilato un movimento di “sconosciuti” venuti dai bit della rete, che si è scelto i suoi candidati via mail e che sfruttando l’abolizione delle preferenze ha evitato il tiro al piattello.
Ora, la pattuglia, eletta, non solo dal voto di protesta (c’è gente che milita nel m5s da almeno sette-otto anni) marcerà su Roma non per sedersi nell’emiciclo fra scranni in coalizione con la destra o la sinistra, ma per schierarsi ora con l’una, ora con l’altra, su singoli argomenti. L’obiettivo dichiarato è non sporcarsi con la politica ma portare a casa risultati concreti. Presto vedremo se siamo di fronte alla più pura demagogia o a una nuova interpretazione epocale della politica.
Ombretta T. Rinieri