Attenzione: bloccare, diffamare, censurare, arrestare e uccidere i giornalisti veramente indipendenti è il primo comandamento di tutti i regimi antidemocratici
7 Dicembre 2012 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Informazione |
Spesso ci si dimentica che tutti i regimi antidemocratici hanno quale primo comandamento la censura della stampa libera, la quale per essere veramente tale deve garantire l’indipendenza dell’informazione (organi di stampa) e dei suoi addetti, cioè i giornalisti. Un Giornalista degno del suo ruolo pratica prima di tutto l’onestà intellettuale e l’oggettività.
Due qualità che i lettori ormai stentano a riconoscere a causa di un ammasso di lacché a libro paga di lobby politiche, sociali ed economiche e di poteri occulti. E’ gente che ha interpretato la professione quale mezzo di arricchimento e di potere personale anziché di servizio alla collettività. E’ gente sempre pronta a cambiare casacca e a saltare sul carro del più forte. Affinché un giornalista sia veramente portatore di interessi collettivi, dalla collettività stessa deve essere protetto: ha bisogno di essere messo in condizioni di poter controllare le fonti (suo preciso obbligo deontologico) e quindi di avere libero accesso alle carte e alle persone, di spazi indipendenti dove esprimersi (ossia liberi da qualsiasi ricatto politico, economico e sociale), di un equo compenso, di un organo di controllo e tutela (Ordine) e di supporto legale.
Dopodiché la selezione di giornalisti e testate è fatta dai lettori che prima o poi si accorgono se vengono ingannati. Lettori siamo tutti noi. Per difendere i nostri diritti e conoscere i nostri doveri .Per avere la libertà di scegliere chi eleggere in Parlamento e chi mandare a casa. Per sapere per chi battersi e per chi no. Per non cadere nei tranelli dei venditori di fumo tutti noi abbiamo bisogno di giornalisti onesti, liberi e indipendenti. Soprattutto in questo momento storico delicatissimo del nostro Paese. Ecco perché a quasi due anni di distanza é ancora d’attualità un’analisi su informazione e libertà prodotta nel gennaio 2011 da Franco Abruzzo, consigliere nonché ex presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia e portavoce del Mil (Movimento Informazione e Libertà), presentata nell’ambito dei lavori congressuali della Federazione della Stampa. In coda la statistica (sempre in continuo aggiornamento) dei giornalisti minacciati nel mondo.
Ombretta T. Rinieri
La libertà necessita di giornalisti indipendenti e di una stampa indipendente. Serve (e anche in fretta) uno Statuto dell’impresa editoriale, che separi proprietà azionarie e redazioni. Chi hainteressi privati in altri settori non può possedere giornali. La presenza delle banche nel capitale delle imprese editoriali è una minaccia realeall’autonomia dei mass media. “Banchieri, giù le mani dai giornali”. “La pubblicità stia al suo posto e non sostituisca l’informazione”.
Le due grandi anomalie italiane (Parlamento proprietario di tv e radio; il più grande imprenditore nazionale della tv presidente del Consiglio). La libertà di impresa non significa:
a) concepire il mercato come un pollaio dove le volpi (=gli editori) possono fare quel che vogliono;
b) stravolgere il lavoro intellettuale del giornalista rendendolo precario;
c) distruggere, sul modello americano, il sindacato unitario dei giornalisti frazionandolo e trasformandolo in tanti sindacatini aziendali (come vuol fare la Fiat di Marchionne), dissociando il lavoro dal lavoratore.
IN CODA: a) Ferruccio De Bortoli:“Difficile rapporto con le proprietà”;
b) Il programma del MIL (MovimentoInformazione e Libertà) in 13 punti…
Oggi il problema centrale è quello della difesa della professione di giornalista. Glieditori, – con l’alibi della crisi pubblicitaria e diffusionale (che èreale) e che ha costretto la Fnsi a stipulare un contratto difensivo-, vogliono assemblare i materiali presenti nella rete utilizzando giovaniprecari e affidare la parte nobile, i commenti, a persone di fiducia (docentiuniversitari). Un nucleo di giornalisti professionisti molto qualificatodovrebbe provvedere, invece, alla creazione, all’assemblaggio e alla fatturadel giornale. Questo disegno va contrastato con energia e determinazione.Bisogna difendere il ruolo storico del giornalista, mediatore intellettuale trai fatti e la gente, e battersi perché chi ha interessi privati in altri settorinon possieda giornali. La prima contromossa è l’approvazione di una legge sullo Statuto dell’impresa editoriale, che separi proprietà azionarie e redazioni. Lavarietà delle opinioni sulle pagine dei giornali deve garantire il traguardodell’obiettività minima, che si sostanzia anche nella pubblicazione di tutte leversioni circolanti su un determinato evento e di opinioni dissonanti rispettoalla linea del giornale. Il pluralismo è un valore da coltivare. “La libertà dei media e il loro pluralismo sono rispettati” afferma solennemente la Costituzione europea.
Un principio, che va costruito e implementato a livello continentale. Sarebbe una soluzione accettabile, comenegli Usa, separare il giornale che racconta i fatti e li spiega dalle paginededicate ai commenti, pagine che dovrebbero avere un direttore diverso daquello della pagine dei fatti. Lo Stato, per dare concretezza all’articolo 21 della Costituzione, potrebbe limitarsi a finanziare due pagine al giorno in ogni giornale dedicate al contributo libero dei lettori da affidare al direttore delle pagine dei commenti. Questa è una vecchia idea di un collega, Hermes Gagliardi, che non c’è più. Gagliardi parlava di un controdirettore al quale affidare le pagine aperte ai lettori. E’ ovvio che i giornali non debbano avere il vincolo di accettare il contributo statale…
Premesso che l’esame di Stato per i professionisti è un obbligo costituzionale (art. 33,V comma), le ‘regole’ fissate dal legislatore (artt. 2 e 48 l.69/1963) sono il perno, come afferma il Contratto di lavoro, dell’autonomia dei giornalisti: l’editore non può impartire al direttore disposizioni in contrasto con la deontologia professionale, mentre il direttore deve garantire l’autonomia del suo collettivo redazionale. Le considerazioni sopra esposteconsentono di risalire alle ragioni che hanno spinto il Parlamento nel 1963 atutelare la professione giornalistica. Senza legge professionale, direttori eredattori sarebbero degli impiegati di redazione vincolati soltanto da unarticolo (2105) del Codice civile che riguarda gli obblighi di fedeltà versol’azienda. Il direttore non sarebbe giuridicamente nelle condizioni digarantire l’autonomia della sua redazione. E’ quello che vogliono gli editori.Le norme deontologiche fissate negli articoli 2 e 48 della legge professionale69/1963 inglobano le regole fissate nelle Carte approvate a partire dal 1990dalla Fnsi e dall’Ordine nazionale dei giornalisti.
Leggitutto:http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=6017
Elenco dei giornalisti minacciati:
http://www.ossigenoinformazione.it/wp-content/uploads/2012/12/I_DATI_AGGIORNATI_DI_OSSIGENO.pdf
http://www.ossigenoinformazione.it/wp-content/uploads/2012/12/tabella_ossigeno.pdf
http://www.ossigenoinformazione.it/?tag=aggressione – le agressioni m
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