50° del Centro psicopedagogico di Arese – tavola rotonda per capire gli adolescenti
1 Giugno 2012 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Bianca, Cronaca, Sociale |
ARESE – In occasione del 50 esimo anniversario del Centro psicopedagogico di Arese si è tenuta martedì 29 maggio al Cinema Teatro di Arese una tavola rotonda sull’adolescenza. Regista della serata don Renzo Ferraroli, direttore del Cospes, che coadiuvato dai collaboratori Marina Duga, Sergio Curti e Simone Zagheni, ha fornito a genitori e insegnanti l’identikit dei ragazzi di oggi e, attraverso qualche spunto dal suo ultimo libro:“Adolescenti trasgressivi forse, cattivi no”, la bussola su come accostarli e aiutarli a crescere senza farsi prendere troppo dallo sconforto.
L’adolescente attraversa un percorso ambivalente perché si sta staccando dal mondo magico e gratificante del bambino senza essere ancora modellato a vivere quello degli adulti. Durante questo suo percorso modifica il suo comportamento disorientando i genitori. Perciò non racconta più quello che pensa, rinfaccia ai genitori di lavorare troppo, in casa spadroneggia e non ascolta, non accetta i limiti d’orario, si veste in modo provocante, vuole cambiare scuola quando colleziona brutti voti, falsifica la firma, è aggressivo, perde tempo davanti alla tv e alla play station, si tatua, mette i piercing, fuma canne, ha sentimenti di morte e a volte non è sicuro della propria identità sessuale.
Con competenza e sagacia don Ferraroli affronta le varie problematiche e cerca di dare delle risposte rassicuranti laddove i genitori non si sentono attrezzati ad affrontare i comportamenti dei propri figli. “L’adolescente rimette in discussione tutte le acquisizioni del periodo precedente e ripercorre il cammino della sua crescita con parametri legati al suo bisogno di fare esperienza – scrive don Ferraroli, al Cospes di Arese da oltre trent’anni –e di riappropriarsi di se stesso.
Il miglior amico di un ragazzo a quest’età è il ragazzo stesso “contemplato” e riflesso. Volendo emanciparsi non può permettere a nessuno di considerarlo ancora piccolo e indifeso. Quindi non chiede aiuto, ma perché non ha ancora acquistato un grado di maturità e di sicurezza tali da poter chiedere aiuto senza perdere la propria identità. Il conflitto con se stesso prende corpo nei rapporti con gli altri e soprattutto con i genitori, con i quali esprime esigenze contraddittorie. Per il bambino la famiglia è la presenza rassicurante dei genitori. Per l’adolescente invece è conflitto. La famiglia è quella realtà con la quale deve scontrarsi fin da quando si alza”. “I ragazzi hanno bisogno di sperimentare per aumentare la propria autostima – ha spiegato la psicologa Marina Duga – ma non è semplice per loro scegliere un modello di riferimento perché dal contesto sociale arrivano tante proposte. Ma i comportamenti vanno guidati. Per cui vi è un pacchetto di regole e con le regole di sanzioni.
I paletti stanno a significare la fatica di crescere insieme. Quando i ragazzi hanno del disagio si disperdono e deviano gettando addosso alle famiglie e agli insegnanti il proprio disagio”. Affrontando il tema degli affetti, Simone Zagheni ha spiegato che “i tanti stimoli cui i giovani sono sottoposti li portano a comprimere lo spazio del raffreddamento tra le emozioni e il ragionamento, perciò passano subito all’azione”. Fra i suggerimenti proposti da Sergio Curti vi sono quelli dell’osservazione, del sostare con loro, imporre delle regole, intervenire valorizzando il positivo ed essere d’esempio. “Il genitore sufficientemente buono – ha detto – può avere la consapevolezza di non essere perfetto”. L’obiettivo ultimo è: “Riprendere in mano l’anima”.
Ombretta T. Rinieri
(‘Il Notiziario’ 1 giugno 2012 – pag. 72