Dietro la vicenda del Ccsa
1 Ottobre 2010 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Analisi/Opinioni, Centro sportivo Arese, Inchieste |
ARESE – Dal 1° settembre 2010 la storica associazione polisportiva Ccsa non è più il diretto gestore delle attività sportive dilettantistiche e agonistiche all’interno del centro comunale “Davide Ancillotto”. Lascia con debiti per 180mila euro, mentre a sua volta la Fondazione, cui l’Amministrazione ha girato nel 2006 le strutture (campi, palestre, piscina ecc.) da affittare al Ccsa per 208mila euro annui al netto di Iva (troncando con l’associazione ogni rapporto pubblico diretto), registra una debito di 540mila euro che deve assolutamente essere sanato al più presto in quanto è obbligata a chiudere il bilancio in pareggio. Debito che si riflette in parte anche sull’Amministrazione comunale che è socia insieme ad altri partner nella Fondazione. Col senno del poi Facs (e ancora prima Gesem), pensata dall’ex giunta Perferi per migliorare l’andamento economico della gestione del centro sportivo ad Arese, si è rivelata un buco nell’acqua.
Le cause o le concause di questa situazione sono diverse e vanno dalla mancata ristrutturazione degli impianti, che ormai obsoleti e diventati meno attrattivi rispetto ad altre realtà del territorio si sono via via svuotati di frequentatori, ai costi crescenti per le manutenzioni ordinarie e straordinarie, all’aumento dei costi di acqua, luce e gas. Ma, se per quanto attiene alle utenze i costi sono una variabile indipendente dalla volontà politica, d’altro canto le responsabilità delle varie Giunte per il mancato rinnovo del centro sportivo sono sotto gli occhi di tutti gli aresini.
Tuttavia, tutto quanto sopra non basta a spiegare la vicenda Ccsa, le cui difficoltà e la cui situazione debitoria emersero drammaticamente in un consiglio comunale del 2005 non già da una denuncia della minoranza, ma da quella della consigliera Ippolita Papagno, che eletta nelle liste dell’Udc e seduta fra i banchi della maggioranza aveva iniziato una serie di distinguo che terminarono più avanti con la sua uscita dal partito del sindaco Perferi e la sua confluenza nella Dca. All’ombra di viale Resegone, infatti, era da tempo in atto una guerra fra i partiti per riuscire a entrare nelle “cose” del Ccsa, complice l’appartenenza politica, più o meno palese, a questo o a quello schieramento, di questo o quel dirigente, consigliere, socio, tesoriere e via di questo passo. Un controllo che però non riusciva a concretizzarsi pienamente e che obbligava ogni volta le varie forze politiche a fare la questua dei voti in campagna elettorale. In pratica, ognuno aveva e cercava nel Ccsa il proprio castelletto voti, ma senza riuscire a imporsi nettamente sugli altri.
Prende piede un più o meno tacito accordo per spuntare le armi del Ccsa volto a creargli delle difficoltà sempre più crescenti con manutenzioni mal fatte (campi da tennis “a sabbie mobili” rifatti due volte), costose (caldaia), necessarie (la messa a norma per la sicurezza di palestre e piscina) promettendo nel contempo investimenti per il rinnovo delle strutture a lungo temporeggiati nonché rinviati. Contemporaneamente si riduceva il contributo pubblico alla polisportiva e si sviluppava nei consigli comunali una discussione politica sulla necessità di porre fine alla gestione diseconomica del “Davide Ancillotto” che accollava all’Amministrazione comunale in un modo o nell’altro debiti di vario tipo. A sua volta il Ccsa, imbegolato di debiti, si è trovato costretto ad alzare le tariffe degli abbonamenti a fronte però di un servizio sempre più scadente con il conseguente fuggi fuggi dei soci (chiunque voglia fare sport deve sottoscrivere anche la tessera al Ccsa insieme all’abbonamento).
Tra una campagna elettorale e l’altra, una promessa e l’altra, nel frattempo le responsabilità politiche erano divenute trasversali. Ecco che pubblicamente bisognava tenere la situazione sotto coperta (complice il fatto che i bilanci del Ccsa possono essere interdetti a tutti coloro che non sono soci), posticipando il più possibile in consiglio comunale le relazioni dei presidenti di Gesem e Facs, mentre dietro le quinte si sviluppava una lotta tremenda con scambi di accuse reciproche da cui a spot ogni tanto fuoriuscivano “voci” indiscriminate volte a macchiare la reputazione delle persone, ma senza che in realtà nessuno se ne assumesse pienamente la responsabilità. Uno sport, questo, che purtroppo è molto in voga in quest’angolo della Provincia milanese e che contribuisce ad alzare cortine fumogene sulle vicende.
Nessuna delle forze rappresentate in consiglio comunale può dire, come invece è stato fatto, : “Io non sapevo”. Tanto più che nel consiglio d’indirizzo e nel comitato di gestione della Fondazione sono tutte presenti, mentre quando nacque la Facs l’unico voto contrario fu quello dell’allora consigliere di Rifondazione comunista Alberto Savoia. E sempre da Rifondazione, con Beppe Fiorito candidato sindaco, vennero,voce isolata, le denunce su quanto accadeva nel centro sportivo.
Diatribe, conflitti, controlli incrociati per tanto tempo covati sotto le ceneri sono scoppiati quest’estate quando l’avvicinarsi della scadenza della convenzione tra Ccsa e Facs (31 agosto 2010) e l’incertezza sul futuro ha cominciato a scaldare gli animi all’interno dell’associazione e si è assistito a veleni e colpi di scena: la sfiducia a giugno del presidente Mario Nestri da parte dell’assemblea dei soci e il cambio del tesoriere; le accuse in consiglio comunale del Pd alla giunta Fornaro di essere entrata nel Ccsa a “gamba tesa” (attraverso l’assessore all’edilizia pubblica Salvatore Crisafulli); l’arrivo dal 1° settembre di quest’anno del nuovo gestore Intese, che spuntato dal nulla il 16 luglio quale vincitore di un “avviso di evidenza pubblica” indetto dalla Facs il 5 luglio sulla base dell’art. 12 del proprio statuto, provvederà alla ristrutturazione completa del centro e alla riorganizzazione delle attività sportive tra discipline remunerative a gestione privata e sport sociali; una trovata che di fatto scavalca una sentenza del Consiglio di Stato che impone un bando pubblico per la concessione degli impianti ai privati; i dubbi sulla solvibilità di Intese (che partecipata fra l’altro dalla famiglia del sindaco Leonardo Marone di Garbagnate Milanese avrebbe, stante delle visure camerali diffuse dal Pd e dal gruppo dei Grilliaresini, un capitale sociale di 750mila euro: decisamente esigui sulla carta a far fronte agli impegni assunti per 12 milioni di euro; dove li andranno a prendere? Si chiede la minoranza del Pd, mentre “voci” indiscriminate paventano il rischio di riciclaggio di denaro sporco che assumono contorni inquietanti considerando gli arresti per mafia in corso sul territorio); il “tradimento” di Paolo Esposito, responsabile del tennis e vice presidente del Ccsa, che dopo aver guidato a giugno la campagna di rinnovamento contro Nestri ha dato vita con l’arrivo del privato a una società per la gestione del tennis; le dimissioni dell’ex assessore della Lega Nord Livio Braga da lui stesso ampiamente motivate su questo blog.
Contro l’operazione Intese. Se si è espresso il gruppo consiliare del Pd attraverso un’interrogazione presentata il 22 luglio, una lettera circostanziata alla stampa locale del capogruppo Giuseppe Augurusa e un dettagliato ordine del giorno presentato in consiglio comunale il 28 settembre con il quale, oltre a recriminare sulle modalità del bando (manifestazione d’interesse e non bando pubblico), a reiterare le perplessità su Intese per quanto già esposto sopra, a mostrare preoccupazione sul fatto che la società ha già iniziato a operare nel centro sportivo in vario modo in assenza di un piano industriale e di un accordo sottoscritto dalle parti che ne regoli i rapporti ha finito per sollecitato con valide e approfondite argomentazioni la convocazione del gruppo di lavoro consiliare sul centro sportivo, il congelamento della trattativa con i “soggetti aventi causa” e la convocazione di un consiglio comunale ad hoc facendo leva anche sul fatto che i consiglieri comunali sono pubblici ufficiali con il compito di controllo degli atti della giunta, perché non si possa dire un domani: “sapevano e hanno approvato”.
L’odg è però stato bocciato dalla maggioranza, che per bocca del sindaco Gianluigi Fornaro aveva già spuntato le armi della minoranza durante la fase delle comunicazioni rendendo noto il fatto che il 5 luglio 2010 il consiglio d’indirizzo della Facs (presenti Pierluigi Pogliani, Nicola Mantia, Francesco Mele, Armando Calaminici e Antonio Censi) unitamente al Consiglio di gestione (Emanuele Colla, Stefano Ferrari, Enrico Beruschi e Andrea Vasapolli) “deliberava all’unanimità di approvare la proposta del Presidente e approvava l’avviso pubblico per la ricerca del partecipante (tempo e tempistica)” che portava alla presentazione nei termini di due solo offerte: quella di Intese. Se e quella di In Sport di Vimercate, scartata perché non sarebbe stata attinente alla richiesta. Quindi anche la componente del Pd ha ritenuto valido la modalità di ricerca del partner privato per la Facs. Salvo poi forse un ripensamento successivo.
Nella sua ricostruzione dei passaggi, ha continuato Fornaro: “In data 19 luglio 2010 il cdi e il cdg della Facs approvavano il verbale di verifica delle istanze e davano mandato al Presidente: “di procedere con particolare urgenza alla sottoscrizione di un atto preliminare con il soggetto individuato, in attesa di perfezionamento degli atti conseguenti di rito, al fine di adempiere agli interventi di adeguamento necessari per garantire, la continuità della pratica sportiva presso il centro ginnico comunale Davide Ancillotto; sollecitare il socio del Progetto Speciale per la regolarizzazione delle esposizioni economiche di Fondazione Arese Sport.
Le decisioni venivano approvate con la sola astensione del Sig. Scortecci (Pd, ndr) così giustificata: Ritengo che la soluzione trovata per risolvere i problemi finanziari della fondazione e quelli della continuità dell’attività sportiva in Arese possa essere interessante; ma il tempo concesso per valutare la serietà del partner proposto, la sua competenza specifica e le informazioni in proposito, non sono stati sufficienti per una valutazione convinta….”.
Come a dire: “Nelle segrete stanze ci state e poi davanti ai cittadini manifestate”. Torna alla mente lo scandalo dell’edilizia convenzionata di fine 2008 in cui purtroppo il Pd, che aveva protestato in consiglio comunale non ha però, poi, potuto dirsi fuori e quello della tangenzialina del Comitato Difendiamo Arese con la Sara Belluzzo che, nel luglio 2009, annunciava alla stampa di aver scoperto l’approvazione in Regione Lombardia (con anche la Provincia di Filippo Penati e il sindaco di Lainate Mario Bussini) delle linee guida dell’Accordo di Programma per l’ex Alfa Romeo, con centro commerciale e tangenzialina connessa.
Nasce così uno scandalo negli scandali, che riguarda la linea politica pubblica del Pd e la coerenza e attinenza a questa linea da parte di alcuni suoi militanti, che sta finendo per influire negativamente sulla percezione di affidabilità che ne hanno i cittadini sul territorio. Spesso il nuovo gruppo consiliare e, in particolare il capogruppo Augurusa, ha affermato di essere stato tenuto all’oscuro di decisioni prese da vertici sovra comunali del suo partito. E c’è anche da crederci, considerando che se in campagna elettorale avesse informato della firma dell’Adp con ogni probabilità avrebbe incassato i voti di molti di quegli aresini la cui casa è sul tracciato o in prossimità della tangenzialina o di quelli che il centro commerciale proprio non lo vogliono.
Al di là quindi degli sviluppi futuri sul Ccsa e sulle altre problematiche aperte che investono la città, urge all’interno della sezione del Pd di Arese un momento di dibattito pubblico e di trasparenza con tutti i necessari distinguo. Altrimenti il gruppo consiliare del partito continuerà a scontare le scelte personali di altri e per queste scelte vedersi tacitare dalla maggioranza. A meno che, naturalmente, queste scelte, personali non siano.
Ombretta T. Rinieri