Le sfide impossibili del Ccsa. Intervista al presidente Roberto Ferrari
25 Settembre 2010 | Inserito da Ombretta T. Rinieri under Centro sportivo Arese, Inchieste |
(Flashback-Ccsa: Dopo il travagliato consiglio comunale del marzo 2007, il 27 dello stesso mese questa cronista incontra Roberto Ferrari, per quattordici anni alla guida dell’associazione polisportiva aresina.
(27 marzo 2007)
Quali sono i fattori che in tre anni hanno portato il debito del Ccsa da 13mila euro a 35mila fino a 248mila?
“Nel corso dei quattordici anni della mia presidenza il Ccsa è passato attraverso tre fasi: una di “Crescita e sviluppo” tra il 1993 e 1997, una di “Consolidamento problematico” tra il 1998 – 2000 e quella della “Soluzione impossibile” degli anni 2002-2004, allorquando si è creata una forte forbice tra costi e ricavi a causa della diminuzione del contributo da parte dell’Amministrazione comunale non bilanciata dell’aumento di ricavi da impianti a redditività. I 2,5 miliardi che avremmo dovuto ricevere in cinque anni sono andati tutti in interventi di straordinaria manutenzione”.
In pratica ogni anno il Ccsa è andato maturando una perdita, che contabilmente ha cercato di tamponare aumentando gli ammortamenti in modo tale da riportare i debiti agli esercizi successivi...
“Quando – continua Ferrari – ci siamo trovati di fronte, da un lato alla diminuzione dei soci a causa della crisi di quegli anni e, dall’altro, all’impossibilità di avere investimenti a redditività, abbiamo deciso di consolidare tutto il debito e siamo arrivati nel 2004 a 248mila euro. Nel 2005 abbiamo chiuso tutti gli ammortamenti per fare il punto zero e ciò ha comportato nuove perdite per circa 100mila euro. A quel punto ci siamo impegnati con i soci a coprire questo disavanzo negli anni. Ci siamo in buona parte riusciti grazie all’aiuto degli sponsor e tagliando gli sprechi di alcuni consumi energetici e delle consulenze. Con questa azione di risanamento, a oggi (marzo 2007, ndr) il nostro debito ammonta a 90mila euro; 50mila verso la Gesem e 40mila verso la società del gas, così come è emerso in consiglio comunale”.
“Con la mia gestione – continua Ferrari – non abbiamo mai ritardato il pagamento degli stipendi di un mese. A differenza di altre realtà sociali, tipo l’oratorio, i nostri istruttori sono tutti retribuiti. E’ una caratteristica anche questa e non mi sento di affermare che debba essere diversa. Per le persone è un lavoro e il lavoro da sempre è una prestazione in cambio di un compenso. I nostri istruttori hanno compensi mediamente vicini al mercato. Ma spesso abbiamo perso istruttori perché non siamo in grado di remunerarli come altri enti privati sul territorio”.
Per l’associazione sportiva lavorano circa 160 persone retribuite a seconda dell’impegno personale con un costo annuo complessivo di circa 800mila euro. Volontari sono invece tutti i dirigenti e un gruppo di genitori .
“L’origine del debito – racconta Roberto Ferrari – va ascritto alla giunta Ronchi che ha avviato la linea della diminuzione del contributo pubblico resasi necessaria in tutti i servizi non essenziali a seguito della riduzione della spesa pubblica. Anche se poi i suoi assessori, Agostini in primis, hanno cercato di aiutare dove possibile i mancati introiti. Noi abbiamo colto la sfida. Non abbiamo chiuso le bocce e non abbiamo impedito ai bambini di fare attività anche se in leggera perdita”.
Il gruppo dirigente del Ccsa incontra difficoltà economiche crescenti, ma stringe i denti in attesa dei paventati investimenti per la ristrutturazione degli impianti sportivi del Centro “Davide Ancillotto”
“Del palazzetto se ne parla dal ’91 – racconta Roberto Ferrari – e dei centri di balneazione e fitness se ne parla da almeno la metà degli anni 90. Tutti investimenti che ad Arese non sono stati realizzati, mentre nel frattempo altri comuni hanno fatto scelte diverse realizzando importanti impianti, trovando i fondi nei propri bilanci o in partenariato con imprenditori privati. Arese non li ha trovati e noi non abbiamo fatto caos su questo. Anche se alcuni soci avrebbero voluto organizzare su questo punto una forte protesta”.
L’impressione però è che il Ccsa abbia messo il carro davanti ai buoi
“Noi – rimarca invece Ferrari che ha lasciato la guida del Ccsa dopo quattordici anni – la sfida imprenditoriale l’abbiamo vinta. Nel 1993 abbiamo accettato di passare da un contributo a fondo perduto di 260mila euro che copriva l’80% dei costi, all’erogazione di un contributo per l’incentivazione dell’attività sportiva a scalare da 200mila euro a 130mila nel 1997. All’inizio degli anni 90 il fatturato del Ccsa era di 335mila euro e i bilanci erano in sostanziale pareggio. E tutto ciò a fronte dell’aumento delle spese energetiche e degli stipendi”.
Ferrari sfoglia un faldone di documenti: “Abbiamo tenuto anche tra il 1998 e il 2000, nella tappa che abbiamo chiamato di consolidamento problematico. Questi i documenti approvati dall’assemblea in più e più occasioni. Documenti che sono stati discussi con gli amministratori comunali, che sono stati in forma diversa citati nel nostro giornale “Freetime”, commentati da me in consiglio comunale e utilizzati per avere prestiti con le banche. Che sono stati alla base della possibilità di avere partner importanti in futuro. Quindi, chi dice che le cose non sono chiare, è sicuramente un bugiardo o un ignorante”.
Eppure è dal consiglio comunale del 5 maggio 2005 che non si discute più della situazione del Ccsa, come è stato rimarcato dalla minoranza alla quale, però, la giunta Perferi ha ribattuto di avere delle responsabilità nella riduzione dei trasferimenti quando al governo cittadino vi era Rosella Ronchi
“Sbagliato – corregge Ferrari – perché la riduzione parte nel 1993 con la giunta Gentile. Io ero già presidente. C’era Pregreffi come dirigente comunale, Piana assessore dello sport. Addirittura, Giudici prima e Piana dopo. Per il resto, io sono già andato in consiglio comunale. Se mi chiamano ci andrò un’altra volta”.
Insomma la polisportiva gestisce lo sport per conto dell’Amministrazione comunale dal 1966. Per quale ragione a un certo punto il Comune ha deciso di ritirarsi da questa missione sociale?
Risponde Ferrari: “Per mantenere da un lato la peculiarità di un’associazione privata, che quindi ha le sue leve da generare ecc. ecc e dall’altro fare i conti con i servizi essenziali (sanità, scuola e anziani). Appare evidente che lo sport abbia una riduzione maggiore. La scelta strategica della giunta di centrosinistra del 1992-1993, di quella successiva della Ronchi è stato un proseguimento di questa strategia che è stata ulteriormente perfezionata dalla giunta Perferi dal 2000”.
Ma col senno del poi, Lei continuerebbe ad appoggiare questa scelta oppure cambierebbe qualcosa?
“Col senno del poi – afferma Ferrari – noi saremmo più rigorosi o forse più antagonistici nell’accettazione della convenzione del 2000-2002, cioè quella che ci ha richiesto il passaggio con la Gesem. Fu, in buona fede, un errore evidente. La scelta, infatti, fu suggerita prima dai dirigenti che dagli amministratori. Quindi non è un sindaco, un assessore, un consigliere che si è inventato questa soluzione. Sono stati i segretari comunali piuttosto che i funzionari, che cercarono soluzioni normativamente adeguate per proseguire il rapporto con il Ccsa, perché le leggi, ci è stato detto e confermato da più parti, impedivano un rapporto diretto. Cioè la cessione a uso gratuito degli impianti in maniera diretta. Noi, essendo un’associazione privata, potevamo prendere i nostri titoli sportivi e i nostri atleti e andare altrove”.
Passando sotto Gesem, il Ccsa perde il contatto diretto con il Comune e per continuare a utilizzare gli impianti si ritrova a sottoscrivere con la municipalizzata un canone di concessione.
“Prima della Gesem – spiega Ferrari – pagavamo i costi vivi, quali le utenze e le energie per un ammontare di circa 600mila euro all’anno. Ora corrispondiamo un canone di 258mila euro più Iva nel quale oltre all’utilizzo degli impianti sono comprese le pulizie e le manutenzioni ordinarie. Facciamo inoltre fronte agli stipendi di 160 persone, alle spese generali e di comunicazione, ai computer e ai mobili. Non sono più di nostra competenza le utente di luce, gas e acqua”.
Gli introiti del Ccsa derivano dalle quote associative per l’attività sportiva delle varie discipline. “Per iscrivere un bambino al calcio il genitore paga 300 euro, ma a noi costa 330 – continua Ferrari – perché bisogna metterci l’abbigliamento, gli istruttori, le spese di assicurazione, la quota parte delle spese di segreteria, la quota parte delle spese generali, l’iscrizione alle federazioni, il pagamento degli arbitri ecc. ecc. Alla fine il calcio è in perdita di 15-20-25mila euro. Però c’è il tennis che guadagna 15-20mila euro e ciò consente il nostro obiettivo di polisportiva di chiudere in pareggio”.
Ragioni che se esposte in un consiglio comunale ad hoc, come del resto richiesto dalla minoranza, forse avrebbero diradato la cortina fumosa caduta sulla questione dei debiti del Ccsa. Perché non è stato fatto?
“E’ più di un anno – risponde Ferrari – che incontro quasi due volte alla settimana i rappresentanti del comune ribadendo quanto detto in precedenza. E Cioè, che entro la fine del maggio 2005 sarebbe stato necessario delineare una situazione certa sul futuro dello sport ad Arese e che senza gli investimenti nelle strutture, si andava incontro a una perdita di 200mila euro all’anno”.
Dunque nulla di segreto per l’amministrazione, ma complicato da capire. “Infatti – conviene Ferrari – è stato molto difficile convincerla che non ce l’avremmo fatta a causa della forbice di cui accennavo prima. Tant’è che negli ultimi anni il tentativo è stato quello di tagliare i costi come fanno tutte le aziende”.
In consiglio comunale non se ne è parlato, ma anche Ferrari, e non solo Valter Stoppa, ha risposto duramente alla comunicazione di Agostini, che metteva in dubbio la credibilità del Ccsa come partner della Fondazione. Ecco il testo:
“Con notevole stupore ho letto l’e.mail del 7 dicembre 2006….Faccio rilevare che il Ccsa da oltre 40 anni organizza, gestisce e realizza attività formative, ricreative e agonistiche per oltre 5mila utenti l’anno e che settimanalmente oltre 50 squadre partecipano a campionati e manifestazioni varie. La credibilità acquisita da molti interlocutori pubblici e privati, locali, nazionali e internazionali, la collaborazione ultra decennale con le scuole, la supplenza di enti locali realizzata per attività sociali per i diversamenti abili credo siano note a tutti. Il Ccsa ha incontrato e sta gestendo molte delicate difficoltà sul piano della reddittività dell’associazione e per questo motivo mantiene un atteggiamento prudente prima di stipulare contratti o convenzioni che nel passato hanno generato numerosi problemi sul nostro conto economico sino a mettere in dubbio la sopravvivenza del Ccsa”.
La discussione in consiglio comunale si è conclusa con la domanda della consigliera Ronchi all’assessore Giudici sulla durata del contratto per i prossimi tre anni. Dopo cosa succederà? La Fondazione avrà imparato a gestire il centro sportivo e manderà via il Ccsa?
“Non lo so. Io dal Ccsa sono uscito”.
Ombretta T. Rinieri